IL TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO 
              Ufficio Penale Dibattimentale Monocratico 
 
    In funzione di  giudice  della  cognizione  in  primo  grado  nei
procedimenti  penali  riuniti  di  cui  al  R.G.   n.   16/2015/1590,
16/2016/448, 16/2015/1046,  16/2015/1543,  16/2016/9,  16/2014/883  e
16/2014/170, quest'ultimo da intendersi quale procedimento principale
poiche' di anteriore iscrizione, pendenti nei confronti di: 
    A. S. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai
sensi dell'art. 420-bis  codice  di  procedura  penale,  incensurato,
imputato: «del reato p. e p. dall'art. 639  comma  2  codice  penale,
perche', facendo  uso  di  bombolette  di  vernice  di  vari  colori,
imbrattava il muro esterno del Castello  Aldobrandesco,  disegnandovi
un cerchio, ed il muro di recinzione situato in Largo della Carbonaia
n. 13, disegnandovi graffiti. Con l'aggravante di  aver  commesso  il
fatto su cose di interesse storico e artistico; In Arcidosso (GR)  il
12 agosto 2014»; 
    B. D. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai
sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, pregiudicato  per
un singolo delitto di cui all'art.  614  c.p.  commesso  in  data  28
luglio 2002, imputato: «per il reato previsto e punito dall'art. 186,
commi 2, lettera c) e 2-bis, decreto legislativo 30 aprile  1992,  n.
285 e successive  modifiche,  perche',  alla  guida  dell'autovettura
targata (di sua proprieta'),  circolava  in  stato  di  ebbrezza,  in
conseguenza dell'uso  di  bevande  alcoliche,  con  tasso  alcolemico
accertato pari a 4,624 g/l; con l'aggravante di  avere  provocato  un
incidente stradale. Commesso in Magliano in Toscana (GR), il 9 luglio
2015»; 
    G. M.  M.  (nata  in  ...  il  ...),  assente  rappresentata  dal
difensore ai sensi dell'art.  420-bis  codice  di  procedura  penale,
incensurata, imputata: «del reato p. e p. dall'art.  56,  624  codice
penale in relazione all'art. 625 comma 1 n. 7 codice penale, per aver
sottratto, presso il punto vendita «O.V.S.», occultandoli all'interno
della propria borsa: un paio di leggings da  bambina  con  cartellino
codice 8057824641508; una canotta  da  donna  con  cartellino  codice
8056048953589; quattro paia di slip da donna  con  cartellini  codice
8057824488585;  8057824889719,  8057824889726  e  8057824889733;  due
T-shirt  da  bambina/o  con   cartellini   codice   8957824013176   e
8056048228021; due abiti da donna con cartellini codice 8056048048926
e  8056048865028;  una  camicia  da  bambino  con  cartellino  codice
2054432160007;  un   gilet   da   bambino   con   cartellino   codice
8057824253510; un confezione di slip per donna, con cartellino codice
8056048744767. Can l'aggravante di aver commesso  il  fatto  su  cose
esposte per consuetudine  o  per  destinazione  alla  pubblica  fede.
Evento non verificatosi per cause estranee alla volonta'  dell'autore
del reato e cioe', l'intervento del personale del  punto  vendita,  a
seguito dell'attivazione delle barriere antitaccheggio.  Commesso  in
Orbetello (GR) il 1° giugno 2014»; 
    I. C. (nato a ... il ... ) e -  (nato  a  ...  il  ...),  assenti
rappresentati dal difensore ai  sensi  dell'art.  420-bis  codice  di
procedura penale, incensurati, imputati: «del reato  p.  e  p.  dagli
articoli 81 cpv., 110, 635, 2° comma in relazione all'art. 625, n. 7,
61 n. 5 codice penale perche', in concorso fra loro e con piu' azioni
esecutive di un medesimo  disegno  criminoso,  danneggiavano:  1)  in
Piazza Valeri, il palo della segnaletica stradale di  proprieta'  del
Comune di Grosseto, staccandolo completamente dalla base; 2)  in  via
Mazzini, la vetrata della  teca  per  l'esposizione  delle  locandine
dell'ex cinema di proprieta'  di  D.  R.  frantumandola;  3)  in  via
Mazzini, l'autovettura di proprieta' di F. F. rompendo lo specchietto
retrovisore laterale sinistro; 4)  in  via  Mazzini  angolo  ingresso
Piazza delle Catene, le ruote di due biciclette,  piegandole;  5)  in
via Mazzini, delle fioriere di  proprieta'  di  C.  M.,  gestore  del
Ristorante - e di C. M., gestore del  locale  denominato  -.  Con  le
aggravanti di aver commesso il fatto su cose esposte per necessita' e
consuetudine alla pubblica fede e di aver agito in  tempo  di  notte,
cosi' profittando di circostanze  di  tempo  tali  da  ostacolare  la
pubblico e privata difesa. In Grosseto l'11 settembre 2014  alle  ore
2,20 circa»; 
    N. L. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai
sensi dell'art. 420-bis  codice  di  procedura  penale,  incensurato,
imputato: «(A) per il reato p. e p. dagli articoli 186-bis  comma  3,
186, comma 2 lettera c) e comma 2-bis e sexies decreto legislativo n.
285/92 perche', quale conducente di eta' inferiore  a  ventuno  anni,
circolava alla guida del veicolo marca ... targata ...  in  stato  di
ebbrezza  in  conseguenza  dell'uso  di  bevande   alcoliche   (tasso
alcolemico riscontrato in 1,64 g/l come da referto medico del  Pronto
Soccorso  dell'Ospedale  di  Grosseto).  Con  l'aggravante  di   aver
provocato  in  tale  condizione,  sulla  via  Aurelia  Nord   altezza
rotatoria  ingresso/uscita  variante  SS  1  Aurelia,  un   incidente
stradale e con l'ulteriore aggravante di aver commesso il fatto  dopo
le ore 22,00 e prima delle ore  7,00  (segnatamente  alle  ore  04,00
circa). Commesso in Grosseto, il 5 aprile 2014; (B) art 590 comma 1 e
3 cod. pen., perche', alla guida della vettura ...  targata  ...  per
colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e  inosservanza
delle norme relative alla circolazione stradale, ed in particolare in
violazione dell'art. 186, comma 2, lettera c) decreto legislativo  n.
285/92  con  le  modalita'  meglio  descritte  al  capo  A),   mentre
percorreva la via  Aurelia  Nord  altezza  rotatorio  ingresso/uscita
variante SS 1 Aurelia,  impegnava  la  stessa  rotatoria  contromano,
perdendo il controllo del mezzo andando a collidere  con  il  proprio
veicolo contro un cartello della segnaletica stradale e terminando la
corsa dopo vari ribaltamenti su un campo adiacente  a  circo  m.  180
dallo carreggiata, cagionando  a  C.  S.,  trasportato  sulla  stessa
autovettura, lesioni personali consistite in «frattura instabile  C2,
sospetto focolaio LC temporo-polare dx», giudicate guaribili in oltre
trenta giorni dal fatto lesivo. Con l'aggravante del  fatto  commesso
da soggetto in stato di ebbrezza alcolica  ai  sensi  dell'art.  186,
comma 2, lettera  c)  decreto  legislativo  n.  285/92.  Commesso  in
Grosseto, il 5 aprile 2014 (querela del 9 giugno 2014)»; 
    T. F.  (nata  a  ...  in  data  ...)  assente  rappresentata  dal
difensore ai sensi dell'art.  420-bis  codice  di  procedura  penale,
incensurata, imputata: «per il reato p. e p. dall'art. 186, 2° comma,
lettera C) e 2-bis decreto legislativo 30 aprile 1992  n.  285,  come
sostituito dalla legge  2  ottobre  2007  n.  160  e  modificato  dal
decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92, dalla  legge  n.  94/2009,  dalla
legge  n.  120/2010  e  successive  modifiche,  per  avere   condotto
l'autovettura marca ... tg. ... in stato di ebbrezza, in  conseguenza
dell'uso di bevande alcoliche (tasso alcolico riscontrato 1,61 g/l  -
1,51 g/l), cosi'  provocando  un  sinistro  stradale  in  cui  veniva
coinvolta l'autovettura marca ...  tg.  ...  condotta  da  M.  P.  In
Grosseto via Brigate Partigiane in prossimita' del civico 82 in  data
30 ottobre 2013»; 
    Z. M. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai
sensi dell'art. 420-bis  codice  di  procedura  penale,  incensurato,
imputato: «del reato p. e p. dagli articoli 110, 112 n. 4, 624 e  625
n. 2), 5) e 7) codice penale, perche', in concorso con i minorenni B.
S. (nato il ...) e C. L. (nato il ...) e previo concerto, al fine  di
trarne profitto, si impossessavano di un motociclo tg ... di L. L. ed
in uso al figlio R. L. sottraendolo al legittimo proprietario che  lo
deteneva. Con l'aggravante di essersi avvalso di  soggetti  minorenni
per commettere il  reato  per  il  quale  e'  previsto  l'arresto  in
flagranza; con l'aggravante del fatto  commesso  con  violenza  sulle
cose, avendo forzato il blocca disco in ferro posto  a  presidio  del
motociclo sulla ruota posteriore; con l'aggravante del fatto commesso
da tre persone; con l'aggravante del fatto commesso su  cosa  esposta
per necessita' o destinazione alla pubblica fede, avendo sottratto il
motociclo parcheggiato sulla pubblica via presso la cittadella  dello
studente in via dei Barberi. In Grosseto il 16 aprile 2012»; 
    Visti  gli  atti  relativi  alle  istanze  di   sospensione   del
procedimento con messa  alla  prova  presentate  ai  sensi  dell'art.
464-bis codice di procedura  penale  nell'interesse  di'  ognuno  dei
suddetti imputati nell'ambito dei procedimenti penali rispettivamente
pendenti nei loro confronti per gli oggetti sopra indicati; 
    Ritenuto che tali  istanze  non  sono  state  ne'  devono  essere
dichiarate inammissibili poiche' ognuna  di  esse  risulta  formulata
nello  stadio  della  trattazione  delle  questioni  preliminari   al
giudizio penale dibattimentale di cognizione di rito  monocratico  in
conformita' alle disposizioni di legge che  definiscono  presupposti,
casi, modi, forme e termini della rituale attivazione della  relativa
procedura speciale, ed in  particolare  in  quanto  ognuno  e'  stata
presentata: 
    in ricorrenza dei presupposti processuali generali concernenti la
incardinazione   del   processo   dibattimentale,   all'udienza    di
comparizione  celebrata  dal   competente   organo   giurisdizionale,
mediante  regolare  costituzione  in  giudizio  dell'imputato  e  del
difensore titolare del rispettivo rapporto rappresentativo (ai  sensi
dell'art. 420-bis c.p.p.); 
    in ricorrenza dei presupposti processuali speciali concernenti la
proposizione della istanza concernente la procedura in discorso  che,
in ciascuno dei casi in trattazione, e' stata formulata per  iscritto
nel termine legalmente imposto (ai sensi dell'art.  464-bis  comma  2
c.p.p.), con volonta' dell'interessato espressa a mezzo del difensore
munito di apposita procura speciale autenticata (ai  sensi  dell'art.
464-bis, comma  3  codice  di  procedura  penale)  e  con  tempestiva
allegazione del programma di trattamento elaborato  d'intesa  con  il
competente ufficio di esecuzione penale esterna (ai  sensi  dell'art.
464-bis, comma 4 codice di procedura penale); 
    in ricorrenza dei presupposti sostanziali  oggettivi  concernenti
la materia del procedimento penale  che,  in  ciascuno  dei  casi  in
trattazione,  concerne  reati  puniti  con  la  sola  pena   edittale
pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo
a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla  pena  pecuniaria,
oppure taluno dei delitti indicati dal  comma  2  dell'art.  550  del
codice di procedura penale (ai sensi dell'art. 168-bis comma 1 codice
di procedura penale); 
    in ricorrenza dei presupposti sostanziali soggettivi  concernenti
la  personalita'  del  giudicabile  che,  in  ciascuno  dei  casi  in
trattazione, non ha gia' fruito  del  relativo  beneficio  (ai  sensi
dell'art. 168-bis comma 4 codice di  procedura  penale)  e  tantomeno
versa nelle  condizioni  previste  dagli  articoli  102  [delinquenza
abituale presunta dalla legge], 103  [delinquenza  abituale  ritenuta
dal  giudice],   104   [abitualita'   nelle   contravvenzioni],   105
[delinquenza professionale] e  108  [delinquenza  per  tendenza]  del
codice penale (ai sensi dell'art. 168-bis comma 5 codice di procedura
penale); 
    Dato atto che  all'odierna  udienza,  instaurato  debitamente  il
contraddittorio  in  confronto  di  chi   spetta,   in   ognuno   dei
procedimenti aventi ad oggetto le posizioni sopra  suindicate  si  e'
proceduto alla discussione camerale nel corso della quale sono  state
raccolte a verbale le conclusioni delle parti private, le quali hanno
rispettivamente richiesto  emettersi  provvedimento  di  accoglimento
dell'istanza di messa alla prova  (con  le  disposizioni  recanti  la
necessaria integrazione del  programma  di  trattamento  quanto  meno
sotto  profilo  della  entita'  delle  sanzioni  ivi   previste,   da
sottoporre   all'eventuale    consenso    dell'imputato    ai    fini
dell'ulteriore corso della procedura), nonche' della parte  pubblica,
che nulla ha osservato, rimettendosi alle determinazioni del giudice; 
    Considerato  che  in  esito  della  deliberazione  in  Camera  di
consiglio sul merito delle anzidette istanze  di  messa  alla  prova,
esaminati gli atti dei fascicoli per il dibattimento  rispettivamente
formati e trasmessi ai sensi degli  articoli  431  e  553  codice  di
procedura penale e ravvisate le medesime questioni  pregiudiziali  di
costituzionalita',  il  giudice   ha   disposto   la   riunione   dei
procedimenti aventi ad oggetto le posizioni suelencate e  quindi,  in
relazione ai procedimenti penali  cosi'  riuniti,  ha  pronunciato  e
pubblicato alla stessa udienza, mediante lettura  al  cospetto  delle
parti avente per costoro valore di notificazione ai  sensi  dell'art.
148 comma 5 codice di procedura  penale,  la  seguente  ordinanza  di
rimessone di questioni di legittimita' costituzionale. 
    1. Oggetto dell'incidente di costituzionalita'. - Gli articoli  3
ss. della legge n. 67/2014 entrata in vigore in data  7  maggio  2014
hanno introdotto nell'ordinamento penale  la  cosiddetta  sospensione
del procedimento con messa alla prova, ossia la fattispecie estintiva
del  reato  prevista  dall'art.  168-bis  ss.  codice  penale  ed  il
procedimento speciale alternativo al  rito  ordinario  di  cognizione
applicabile ai sensi degli articoli 464-bis ss. codice  di  procedura
penale strumentalmente alla formazione della suddetta fattispecie. 
    La disciplina del nuovo  procedimento  speciale,  applicabile  ai
reati   indicati   dall'art.   168-bis   comma   1   codice    penale
indipendentemente dal rito di cognizione rispettivamente loro proprio
(rito  collegale,  rito  di  cognizione  monocratica  previa  udienza
preliminare, rito di cognizione monocratica su citazione diretta  del
pubblico   ministero),   contempla   sostanzialmente   tre    ipotesi
procedurali, progressivamente differenziate sul piano  strutturate  a
seconda della fase del  procedimento  penale  (indagini  preliminari,
udienza  preliminare,  giudizio  dibattimentale)  in  cui   risultino
incardinate. In particolare: 
    la  prima  fattispecie  procedurale,  sviluppata  su   iniziativa
formalizzata prima dell'esercizio dell'azione  penale  (art.  464-ter
codice di procedura penale) secondo uno schema negoziale  processuale
bilaterale, e' applicabile indipendentemente dalla tipologia del rito
di cognizione ordinaria ed e' destinata alla cognizione  del  giudice
per le indagini preliminari allo stato degli atti del  fascicolo  del
pubblico ministero; 
    la seconda  fattispecie  procedurale,  sviluppata  su  iniziativa
formalizzata nell'udienza preliminare secondo  uno  schema  negoziale
processuale unilaterale, e'  applicabile  nei  procedimenti  di  rito
collegiale  e  di  rito  monocratico  a  citazione  indiretta  ed  e'
destinata alla cognizione del giudice dell'udienza  preliminare  allo
stato degli atti del fascicolo del pubblico ministero; 
    la  terza  fattispecie  procedurale,  sviluppata  su   iniziativa
proposta (a norma dell'art.  464-bis  comma  2  codice  di  procedura
penale) o reiterata (a norma dell'art. 464-quater comma 9  codice  di
procedura penale) nello stadio introduttivo del giudizio ordinario di
cognizione secondo uno schema negoziale processuale  unilaterale,  e'
applicabile soltanto nei procedimenti di rito monocratico a citazione
diretta, ed e' destinata alla cognizione del  giudice  dibattimentale
allo stato degli atti del fascicolo per il dibattimento. 
    In considerazione della morfologia di ogni vicenda processuale in
trattazione nel processo  a  quo,  l'incidente  di  costituzionalita'
sollevato in questa sede concerne la terza fattispecie  normativa  di
messa alla prova, riferibile all'attivazione della procedura speciale
nello stadio di trattazione delle questioni preliminari  al  giudizio
dibattimentale di cognizione monocratica su citazione diretta. 
    2. Scansione della procedura  dl  messa  alla  prova  dinanzi  al
giudice  del  dibattimento.  -  L'esame  coordinato  degli  enunciati
normativi introdotti dalla legge n. 67/2014 in  funzione  definitoria
del procedimento speciale  consente  di  ravvedere  che  quest'ultimo
particolarmente nella  fattispecie  che  interessa  in  questa  sede,
riguardante la procedura di messa alla prova  attivata  nello  stadio
preliminare  al  giudizio  dibattimentale  di  cognizione   di   rito
monocratico su citazione diretta - possiede una  struttura  trifasica
del tutto originale che si articola in  tre  distinti  ed  eterogenei
segmenti. Questi ultimi sono rispettivamente riferibili ad  una  fase
amministrativa preliminare condotta  dall'ufficio  esecuzione  penale
esterna (in  funzione  preparatoria  ed  istruttoria),  ad  una  fase
giurisdizionale di cognizione camerale  culminante  nella  formazione
(non  di  un  provvedimento  di  cognizione,  bensi')  di  un  titolo
esecutivo provvisorio emesso in forma di ordinanza ed infine  ad  una
fase  di  esecuzione  penale  culminante   nella   adozione   di   un
provvedimento (non di natura esecutiva, bensi') di cognizione  emesso
in forma di sentenza. 
    2.1. - La fase  amministrativa  di  istruttoria  preliminare  del
procedimento speciale di messa alla prova e' radicata allorquando, ai
sensi dell'art. 141 comma 2 disposizioni di attuazione del codice  di
procedura penale «l'imputato rivolge richiesta all'ufficio locale  di
esecuzione  penale  esterna  competente  affinche'   predisponga   un
programma di trattamento» ed all'uopo «deposita  gli  atti  rilevanti
del procedimento penale nonche' le osservazioni  e  le  proposte  che
ritenga di fare». 
    Di seguito, ai sensi dell'art.  141,  comma  3,  disposizioni  di
attuazione del  codice  di  procedura  penale,  l'ufficio  locale  di
esecuzione penale esterna competente compie una attivita' istruttoria
che si articola: 
        nello svolgimento di una «indagine  socio-familiare»  il  cui
esito  e'  riversato  in  una  relazione  tecnica   (contenente   gli
accertamenti e le considerazioni sviluppate dall'ufficio  a  sostegno
del programma di trattamento conseguentemente elaborato)  in  cui  si
«riferisce    specificamente    sulle     possibilita'     economiche
dell'imputato, sulla  capacita'  e  sulla  possibilita'  di  svolgere
attivita' riparatorie nonche' sulla possibilita'  di  svolgimento  di
attivita' di mediazione, anche avvalendosi a tal  fine  di  centri  o
strutture pubbliche o private presenti sul territorio»; 
        nella   elaborazione,   all'esito   dell'anzidetta   indagine
socio-familiare, di  un  «programma  di  trattamento»  che  ai  sensi
dell'art. 464-bis comma 4 codice di procedura penale prevede  «A)  le
modalita' di coinvolgimento dell'imputato,  nonche'  del  suo  nucleo
familiare e del suo ambiente di vita nel  processo  di  reinserimento
sociale, ove cio' risulti necessario e possibile; B) le  prescrizioni
comportamentali e gli altri impegni specifici che  l'imputato  assume
anche al fine di elidere o di attenuare  le  conseguenze  del  reato,
considerando a tal  fine  il  risarcimento  del  danno,  le  condotte
riparatorie e le restituzioni, nonche' le prescrizioni  attinenti  al
lavoro di pubblica utilita' ovvero all'attivita' di  volontariato  di
rilievo sociale; C) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la
mediazione con la persona offesa»; 
        nella acquisizione, in ordine  al  programma  di  trattamento
come sopra elaborato,  del  consenso  dell'imputato  e  del  soggetto
destinatario delle prestazioni ivi contemplate; 
        nella trasmissione al giudice procedente della documentazione
relativa alla  istruttoria  amministrativa  espletata  (relazione  di
indagine socio-familiare, programma di trattamento, atti di  consenso
dei soggetti coinvolti nella esecuzione del programma). 
    2.2 - La susseguente fase di cognizione giurisdizionale  camerale
del procedimento speciale viene instaurata ai sensi dell'art. 464-bis
commi 1, 2, 3 e 4 codice di procedura penale allorquando  l'imputato,
entro  il  termine  decadenziale  rapportato  alla  pronuncia   della
dichiarazione di apertura del dibattimento, formalizza la istanza  di
messa alla prova dinanzi alla  autorita'  giudiziaria  procedente  al
giudizio ordinario, allegando il programma di  trattamento  elaborato
dall'ufficio locale di esecuzione penale esterna ai  sensi  dell'art.
141, comma 3 disposizioni  di  attuazione  del  codice  di  procedura
penale  oppure   allegando,   onde   evitare   di   incorrere   nella
inammissibilita'  dell'istanza  e  nella   decadenza   consequenziale
all'apertura  del  dibattimento,  la  prova  dell'incolpevole   causa
impeditiva di tale produzione. 
    Ai sensi dell'art.  464-quater  comma  1,  periodo  2  codice  di
procedura  penale,  all'iniziativa  di  parte  imputata   ritualmente
formulata (mediante presentazione di istanza  che  non  debba  essere
dichiarata inammissibile per difetto  di  taluno  dei  presupposti  e
requisiti previsti dall'art. 464-bis commi 1, 2,  3  e  4  codice  di
procedura   penale)   consegue   l'attivazione   di   una   procedura
giurisdizionale  di  cognizione  penale  camerale  a  contraddittorio
necessario allargato nella quale: 
        ai sensi dell'art. 464-quater, comma 1  codice  di  procedura
penale, il giudice deve emettere l'eventuale provvedimento di  rinvio
della trattazione ad altra udienza  occorrente  all'integrazione  del
contraddittorio in confronto  della  persona  offesa  dai  reato  non
comparsa, che altrimenti, ai sensi  dell'art.  464-quater  codice  di
procedura penale, avrebbe prerogativa di impugnare per cassazione  il
consequenziale provvedimento sull'istanza di messa alla prova; 
        ai sensi 464-quater, comma 2 codice di procedura  penale,  il
giudice puo' emettere l'eventuale provvedimento di  convocazione  con
cui  dispone  la  comparizione  dell'imputato   per   verificare   la
volontarieta' della richiesta di messa  alla  prova  (analogamente  a
quanto previsto dall'art. 446 comma 5 codice di procedura penale  per
il procedimento speciale di  applicazione  della  pena  su  richiesta
delle parti); 
        ai sensi  dell'art.  464-bis  comma  5  codice  di  procedura
penale, il giudice puo' emettere eventuali  provvedimenti  istruttori
con cui acquisisce «tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali
o altri enti  pubblici,  tutte  le  ulteriori  informazioni  ritenute
necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare,
sociale ed economica dell'imputato», informazioni  le  quali  «devono
essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero  e
del  difensore  dell'imputato»  (analogamente   a   quanto   previsto
dall'art. 422 codice di procedura penale per  la  procedura  camerale
dell'udienza preliminare nonche' dall'art. 666,  comma  5  codice  di
procedura  penale  per   la   procedura   camerale   incidentale   di
esecuzione); 
        ai sensi dell'art. 464-quater comma  1  codice  di  procedura
penale, il giudice - una volta  perfezionato  il  contraddittorio  di
tutte le parti e della  persona  offesa  dal  reato,  ed  assunte  le
eventuali  informazioni  integrative  necessarie  -  da'  corso  alla
discussione camerale sul merito  della  istanza  di  sospensione  del
procedimento con messa alla prova, consistente nel «sentire» le parti
e la persona offesa dal reato; 
        ai  sensi  dell'art.  464-quater,  commi  3  e  4  codice  di
procedura penale, il giudice pronuncia la ordinanza che decide in via
definitiva o interlocutoria sul merito della istanza  di  messa  alla
prova. 
    2.3 - Il provvedimento giurisdizionale di cognizione  sul  merito
della istanza di messa alla prova e'  pronunciato  allo  stato  degli
atti del fascicolo per il dibattimento nella composizione in cui esso
si trova nello  stadio  introduttivo  del  giudizio  (antecedente  la
dichiarazione di apertura del dibattimento) in cui la procedura  deve
essere attivata a pena di decadenza. Percio', detto fascicolo  consta
soltanto del decreto di rinvio  a  giudizio  e  della  documentazione
prevista dagli articoli 431 e 432  codice  di  procedura  penale  ivi
originariamente inserita,  oltre  che  della  relazione  di  indagine
socio-familiare redatta dall'ufficio esecuzione  penale  esterna  (ai
sensi dell'art. 141-bis disp. att.  codice  di  procedura  penale)  e
delle eventuali  ulteriori  informazioni  sulle  condizioni  di  vita
dell'imputato acquisite dal giudice ai  fini  della  decisione  sulla
istanza di ammissione al beneficio (ai sensi dell'art. 464-bis  comma
5 codice di procedura penale). 
    In  relazione  al  suo  contenuto   dispositivo,   la   decisione
giurisdizionale  camerale  sulla  istanza   di   messa   alla   prova
dell'imputato si differenzia a seconda che il giudice: 
        emetta - quando, «in base ai parametri di  cui  all'art.  133
del  codice  penale,  reputa»  non  irrimediabilmente  inidoneo   «il
programma di trattamento  presentato  e  ritiene  che  l'imputato  si
asterra'  dal  commettere  ulteriori  reati»   -   un   provvedimento
interlocutorio con cui «puo' integrare o modificare il  programma  di
trattamento», tuttavia suscettibile di acquisire  efficacia  soltanto
«con il consenso dell'imputato» al cui gradimento deve quindi  andare
sottoposto; 
    oppure emetta - quando, «in base ai parametri di cui all'art. 133
del codice penale,  reputa»  irrimediabilmente  inidoneo  (anche  per
causa di dissenso dell'imputato alla integrazione o modifica disposta
nel  pregresso  provvedimento  interlocutorio  di  cui   sopra)»   il
programma  di  trattamento  presentato»  e/o  quando   «ritiene   che
l'imputato» non «si asterra' dal commettere  ulteriori  reati»  -  un
provvedimento definitivo di reiezione della  istanza  di  messa  alla
prova; 
    oppure emetta - quando, «in base ai parametri di cui all'art. 133
del  codice  penale,  reputa  idoneo  il  programma  di   trattamento
presentato e  ritiene  che  l'imputato  si  asterra'  dal  commettere
ulteriori  reati»  -  un  provvedimento  definitivo  di  accoglimento
dell'istanza presupposta. 
    2.4  -  In  particolare,   il   provvedimento   di   accoglimento
dell'istanza di messa alla prova e' dato con ordinanza che, ai  sensi
dell'art.  464-quater,  comma  7  codice  di  procedura  penale,   e'
immediatamente  suscettibile  di  impugnazione  non  sospensiva   per
cassazione da parte dell'imputato, del  pubblico  ministero  e  della
persona  offesa   indebitamente   pretermessa   dal   contraddittorio
camerale. Tanto difatti ha stabilito la Corte suprema  di  cassazione
nel   tentativo   di   razionalizzare    per    via    interpretativa
l'indiscriminato ambito applicativo letteralmente  attribuibile  alla
disposizione da ultimo citata nella parte in cui sic  et  simpliciter
riferisce l'impugnazione in parola alla «ordinanza che  decide  sulla
messa alla prova» (Cassa SS.UU. sentenza n. 33216/2016). 
    Il provvedimento in parola, recependo il programma di trattamento
cui l'imputato abbia prestato consenso, dovrebbe tradurne i contenuti
programmatici, gia' delineati su base volontaria ai  sensi  dell'art.
464-bis, comma 4  codice  di  procedura  penale,  in  tre  ordini  di
statuizioni rispettivamente riguardanti le altrettante  tipologie  di
sanzioni  la  cui  applicazione  sostanzia  l'istituto  giuridico  in
parola, ossia: 
    in primo luogo, ai sensi dell'art. 168-bis, comma  2,  periodo  1
codice penale, una sanzione ripristinatoria /  riparatoria  eventuale
(poiche' applicabile soltanto nel caso che  le  presupposte  esigenze
concretamente sussistano) concernente  «la  prestazione  di  condotte
volte  alla  eliminazione  delle  conseguenze  dannose  o  pericolose
derivanti dal reato, nonche',  ove  possibile,  il  risarcimento  del
danno  dallo  stesso  cagionato»;  ed  inoltre,  ai  sensi  dell'art.
464-quinquies comma 1 codice di procedura penale, «il  termine  entro
il quale le  prescrizioni  e  gli  obblighi  relativi  alle  condotte
riparatorie o risarcitorie imposti devono essere  adempiuti  [e  che]
puo' essere prorogato, su istanza  dell'imputato,  non  piu'  di  una
volta e solo per gravi motivi»; 
    in secondo luogo, ai sensi dell'art. 168-bis, comma 2, periodo  2
codice  penale,  una   sanzione   specialpreventiva   /   rieducativa
essenziale (quale prima  indefettibile  componente  del  trattamento)
concernente «l'affidamento dell'imputato al servizio sociale  per  lo
svolgimento  di  un  programma  che  puo'  implicare,  tra   l'altro,
attivita' di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza  di
prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o  con  una
struttura sanitaria, alla dimora,  alla  liberta'  di  movimento,  al
divieto di frequentare determinati locali» e che peraltro,  ai  sensi
dell'art. 464-quater comma 3, periodo 2 codice di  procedura  penale,
deve assicurare la imposizione all'imputato  di  un  «domicilio»  che
risulti «tale da assicurare  le  esigenze  di  tutela  della  persona
offesa dal reato»; 
    in terzo luogo,  ai  sensi  dell'art.  168-bis,  comma  3  codice
penale, una sanzione retributiva /  rieducativa  coessenziale  (quale
seconda indefettibile  componente  del  trattamento)  concernente  la
«prestazione di lavoro di pubblica utilita'  [che]  consiste  in  una
prestazione  non  retribuita,  affidata  tenendo  conto  anche  delle
specifiche professionalita' ed attitudini  lavorative  dell'imputato,
di durata non inferiore a dieci giorni, anche  non  continuativi,  in
favore della collettivita', da svolgere presso lo Stato, le  regioni,
le  province,  i  comuni,  le  aziende  sanitarie  o  presso  enti  o
organizzazioni, anche  internazionali,  che  operano  in  Italia,  di
assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.  La  prestazione  e'
svolta con modalita' che non pregiudichino le esigenze di lavoro;  di
studio, di famiglia  e  di  salute  dell'imputato  e  la  sua  durata
giornaliera non puo' superare le otto ore». 
    2.5 -  Ai  sensi  dell'art.  464-quinquies  codice  di  procedura
penale,  la  concreta  attuazione   del   trattamento   sanzionatorio
stabilito nel programma recepito  dal  provvedimento  giurisdizionale
camerale di messa alla prova forma oggetto di una fase di  esecuzione
penale appositamente delineata. In particolare: 
    ai sensi  dell'art.  464-quater,  comma  6  codice  di  procedura
penale, la fase di esecuzione penale  del  procedimento  speciale  ha
inizio con  la  «sottoscrizione  del  verbale  di  messa  alla  prova
dell'imputato». Soltanto a partire da tale momento, nonche'  soltanto
nei limiti di durata previsti dall'art. 464-quater, comma 5 codice di
procedura penale (due anni, quando si procede per  reati  puniti  con
pena detentiva; un anno, quando si procede per reati puniti  soltanto
con pena pecuniaria), nonche'  soltanto  in  confronto  dell'imputato
ammesso al procedimento  speciale  (e  non  anche  in  confronto  dei
concorrenti nel reato, in deroga alla regola generale di cui all'art.
161 comma 1 codice penale)  decorre  un  periodo  di  sospensione  di
diritto della prescrizione del  reato  (ai  sensi  dell'art.  168-ter
codice penale); 
    ai sensi dell'art. 141-ter commi 4 e 5 disposizioni di attuazione
del codice di procedura penale, la  fase  di  esecuzione  penate  del
procedimento  speciale  trova  svolgimento  sotto  la  vigilanza  del
competente ufficio locale di  esecuzione  penale  esterna,  il  quale
redige relazioni periodiche con  cui  «informa  il  giudice,  con  la
cadenza stabilita nel provvedimento  di  ammissione  e  comunque  non
superiore a tre  mesi,  dell'attivita'  svolto  e  del  comportamento
dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma  di
trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero in caso di  grave
o  reiterata  trasgressione,   la   revoca   del   provvedimento   di
sospensione» ed inoltre, «alla scadenza del periodo di  prova,  [...]
trasmette  al  giudice  una  relazione  dettagliata  sul  decorso   e
sull'esito della prova medesima»; 
    ai sensi dell'art. 464-quinquies, comma  3  codice  di  procedura
penale, la fase di esecuzione penale  del  procedimento  speciale  e'
suscettibile di dare luogo ad  appositi  incidenti  di  esecuzione  -
anch'essi, peraltro,  trattati  ai  sensi  dell'art.  127  codice  di
procedura penale con apposite procedure  giurisdizionali  camerali  a
contraddittorio necessario allargato alla persona offesa dal reato  -
nel corso dei quali «il giudice, sentiti  l'imputato  e  il  pubblico
ministero, puo' modificare con ordinanza le prescrizioni  originarie,
ferma restando la congruita' delle nuove prescrizioni  rispetto  alle
finalita' della messa alla prova»; 
        ai sensi dell'art. 464-opties codice di procedura penale,  la
fase di esecuzione penale del procedimento speciale  e'  suscettibile
di conclusione anticipata mediante ordinanza di  revoca  della  messa
alla prova pronunciata dal giudice anche  d'ufficio  sulla  base  dei
presupposti sostanziali di cui all'art. 168-quater codice penale  (1)
, con il rito di cui all'art. 464-opties, comma 2  c.p.p.,  (apposita
procedura  camerale  a  contraddittorio  necessario  allargato   alla
persona  offesa  dal  reato)  nonche'  (anche)  alla  stregua   delle
informazioni di cui all'art. 141-bis comma 4  disp.  att.  (relazioni
periodiche dell'ufficio esecuzione penale esterna che  ha  «preso  in
carico» l'imputato ai sensi dell'art. 464-quinquies comma 2 codice di
procedura  penale).  L'ordinanza  di  revoca   e'   suscettibile   di
impugnazione mediante ricorso  per  cassazione  (ai  sensi  dell'art.
464-octies  comma  3  codice  di  procedura  penale)  ed   alla   sua
irrevocabilita'  consegue  che   «il   procedimento   [ordinario   di
cognizione] riprende il suo corso dal  momento  in  cui  era  rimasto
sospeso e cessa l'esecuzione  delle  prescrizioni  e  degli  obblighi
imposti» (art. 464-octies, comma 4 codice di procedura penale); 
        ai sensi dell'art. 464-septies codice di procedura penale, la
fase di esecuzione penale del procedimento speciale  e'  suscettibile
di  conclusione  naturale  mediante   provvedimento   giurisdizionale
dichiarativo dell'esito negativo o positivo della messa alla prova. 
    Per quanto concerne gli  aspetti  di  rito,  ai  sensi  dell'art.
464-septies, comma 1, periodo  2  codice  di  procedura  penale  tale
provvedimento e' pronunciato anche d'ufficio «decorso il  periodo  di
sospensione del procedimento con messa  alla  prova»  in  esito  alla
procedura  camerale  a  contraddittorio  necessario  allargato   alla
persona offesa dal reato appositamente celebrata. 
    Per  quanto  concerne  i   profili   di   merito,   il   medesimo
provvedimento si fonda sulla valutazione dei presupposti  sostanziali
di cui all'art. 464-septies, comma 1, periodo 1 codice  di  procedura
penale (ossia sulla valutazione «del  comportamento  dell'imputato  e
del rispetto delle prescrizioni stabilite») e sulle risultanze  dalla
relazione conclusiva di cui all'art. 464-septies, comma 1, periodo  2
codice di procedura penale (consistente nella «relazione  dettagliata
sul decorso e sull'esito della  prova»  formata  ai  sensi  dell'art.
141-bis comma 5 disposizioni di attuazione del  codice  di  procedura
penale dall'ufficio  esecuzione  penale  esterna  che  ha  «preso  in
carico» l'imputato). 
    In tal modo il giudice perviene a pronunciare ordinanza  con  cui
dispone  che  il  procedimento  prosegua  nella  forma  del  giudizio
ordinario  di  cognizione  dibattimentale  «se,  tenuto   conto   del
comportamento  dell'imputato  e  del  rispetto   delle   prescrizioni
stabilite, ritiene che la prova» non  «abbia  avuto  esito  positivo»
(art. 464-septies comma 1, periodo 1 codice di procedura penale)  (2)
. 
    Se  invece  il   giudice,   «tenuto   conto   del   comportamento
dell'imputato e del rispetto delle  prescrizioni  stabilite,  ritiene
che la prova abbia avuto esito positivo» (art. 464-septies, comma  1,
periodo 1 codice di procedura penale), allora pronuncia  sentenza  di
proscioglimento anticipato di rito a norma dell'art.  129  codice  di
procedura penale (previa delibazione di  insussistenza  di  cause  di
proscioglimento nel merito) a titolo  di  non  doversi  procedere  in
ragione della causa di estinzione del reato di cui all'art.  168-ter,
comma 2 codice penale, cionondimeno disponendo «l'applicazione  delle
sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla  legge»  (art.
168-ter, comma 3 codice penale). 
    3. Morfologia della fattispecie processuale estintiva  del  reato
consequenziale alla procedura di messa alla prova dinanzi al  giudice
del dibattimento. - L'analisi della procedura  consente  di  evincere
che l'oggetto di quest'ultima consiste nella unilaterale offerta,  da
parte  dell'imputato,  della  prestazione  identificabile  nella  sua
volontaria  soggezione  alla  esecuzione  del  trattamento  giuridico
penale irrogato in forza di un titolo esecutivo,  provvisorio  emesso
allo stato degli atti del fascicolo per il dibattimento  in  funzione
strumentale  alla  declaratoria   giurisdizionale   di   accertamento
costitutivo  della  fattispecie  giudiziale   estintiva   del   reato
conseguentemente formatasi. 
    La morfologia di qualunque ipotesi di messa alla  prova,  siccome
radicata  anzitutto  sulla  offerta  di  una   prestazione   il   cui
adempimento integra la causa di estinzione  del  reato,  in  generale
richiama quella gia' nota della oblazione, tuttavia con un duplice  e
cospicua differenza. Infatti,  da  un  lato  la  prestazione  offerta
consiste  (non  nel  mero  versamento  di   una   somma   di   denaro
predeterminata  e/o  obbiettivamente  determinabile,  bensi')   nella
soggezione dell'imputato a vincoli ablatori e conformativi della  sua
sfera personale e patrimoniale la cui quantita' e qualita', lungi dal
recare alcuna predeterminazione normativa,  deve  essere  determinata
dal giudice sulla base delle complesse valutazioni  discrezionali  di
merito finalizzate al cosiddetto trattamento. D'altro lato, la stessa
declaratoria giurisdizionale dell'esito  positivo  della  messa  alla
prova, implicando anch'essa valutazioni di merito che trascendono  di
gran  lunga  la  mera  ricognizione  vincolata  del  dato  obbiettivo
precostituito concernente l'esatto adempimento di  una  mera  dazione
pecuniaria,  riveste   efficacia   costitutiva   anziche'   meramente
dichiarativa   della   fattispecie   sostanziale   estintiva    della
punibilita'. 
    Tuttavia, come si e' detto, la specifica ipotesi  di  messa  alla
prova cui si riferiscono le questioni di costituzionalita'  sollevate
in questa sede,  ossia  quella  attivabile  dinanzi  al  giudice  del
dibattimento, in effetti  differisce  sensibilmente  da  quella,  che
riflette  lo  schema  processuale   negoziale   del   patteggiamento,
attivabile prima dell'esercizio dell'azione penale dinanzi al giudice
per le indagini preliminari (a  norma  dell'art.  464-ter  codice  di
procedura penale) (3) ; ed altresi' differisce, sia  pure  in  minore
misura, da quella  attivabile  dopo  l'esercizio  dell'azione  penale
dinanzi al giudice per le  indagini  preliminari  oppure  dinanzi  al
giudice per l'udienza preliminare  (4) 
    In ogni caso, ai sensi dell'art.  168-bis  commi  2  e  3  codice
penale, la prestazione volontaria dedotta nella procedura presenta un
contenuto complesso, riferibile necessariamente alla applicazione  di
due concorrenti sanzioni di natura personale (la  misura  alternativa
dell'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  e   la   sanzione
sostitutiva del  lavoro  di  pubblica  utilita')  nonche'  riferibile
eventualmente (soltanto qualora ne ricorrano i concreti  presupposti)
alla esecuzione di ulteriori prestazioni di carattere patrimoniale  o
personale di carattere ripristinatorio, riparatorio e  riconciliativo
(eliminazione delle conseguenze dannose o  pericolose  derivanti  dal
reato, risarcimento del danno cagionato). 
    Ai fini di ogni considerazione  sviluppata  in  questa  sede,  il
remittente ritiene che la prestazione volontaria la  cui  offerta  ed
attuazione costituiscono oggetto del procedimento speciale  di  messa
alla prova consista nella volontaria  soggezione  dell'imputato  alla
esecuzione  di  una  pena  criminale,   quantunque   morfologicamente
strutturata  in  forma  alternativa  e  sostitutiva   rispetto   alle
ordinarie sanzioni gia' previste dal codice penale. 
    La  cosiddetta  prova,  infatti,  appare  consistere  sotto  ogni
profilo logico e fenomenologico nonche' a tutti gli effetti di  legge
- ivi compresi  persino  quelli  del  ragguaglio  previsto  dall'art.
657-bis  codice  di   procedura   penale   secondo   cui,   ai   fini
dell'esecuzione  della  condanna  penale  pronunciata  nel   processo
susseguente all'eventuale esito negativo della prova, tre  giorni  di
quest'ultima sono equiparati ad un giorno di pena detentiva ovvero  a
250  euro  di  pena  pecuniaria  -  di   un   trattamento   giuridico
sanzionatorio   penale   (necessariamente)   irrogato   in   funzione
retributiva, specialpreventiva, rieducativa e risocializzante nonche'
(eventualmente)  irrogabile  anche  in  funzione  ripristinatoria   e
riparatoria. 
    Percio', il provvedimento di messa alla prova che adesso dovrebbe
o potrebbe emettersi in funzione dell'ulteriore corso delle procedure
in atto dinanzi al giudice  dibattimentale  remittente  costituirebbe
applicazione di norme colpite  dai  sospetti  di  incostituzionalita'
appresso enunciati; dovendosi notare peraltro che, per la loro natura
assolutamente generale, tutte le questioni  di  costituzionalita'  in
trattazione, tranne la prima, sarebbero egualmente  configurabili  se
le presupposte procedure fossero state esperite in sede  di  indagini
oppure di udienza preliminare. 
    4. Prima questione  di  costituzionalita':  giurisdizione  penale
senza  cognizione  ed  espiazione  senza  responsabilita'.  -  L'art.
464-quater, comma 3  codice  di  procedura  penale  prevede  che  «la
sospensione del procedimento con messa alla prova e' disposta  quando
il giudice, in base ai parametri  di  cui  all'art.  133  del  codice
penale, reputa  idoneo  il  programma  di  trattamento  presentato  e
ritiene che l'imputato si asterra' dal commettere  ulteriori  reati».
Dunque  la  fase   di   cognizione   giurisdizionale   camerale   del
procedimento speciale in parola, avente ad oggetto la predisposizione
e valutazione delle condizioni di accesso dell'imputato al beneficio,
dovrebbe fisiologicamente culminare nella pronuncia  della  ordinanza
apprestante il titolo esecutivo provvisorio che irroga il trattamento
sanzionatorio criminale il cui  positivo  esito  applicativo  darebbe
luogo  alla  causa  di  estinzione  del  reato  costituente   oggetto
dell'accertamento   costitutivo   emesso   con   la    sentenza    di
proscioglimento che sarebbe pronunciata all'esito  della  susseguente
fase esecutiva del procedimento speciale. 
    4.1 - Tuttavia, secondo  il  vigente  ordinamento  processuale  e
costituzionale, la irrogazione di qualsiasi trattamento sanzionatorio
di diritto criminale - compreso  quello  che  risulterebbe  stabilito
nella ordinanza di messa alla prova e la  cui  esecuzione  anticipata
darebbe luogo alla correlativa  fattispecie  estintiva  del  reato  -
postula l'indefettibile presupposto del convincimento del giudice  in
ordine alla responsabilita' dell'imputato in relazione  alla  ipotesi
criminosa costituente  oggetto  della  presupposta  accusa,  come  si
evince: 
    dall'assetto  costituzionale  generale  dell'ordinamento   penale
finora accreditato: alla stregua del quale l'espiazione di  una  pena
presuppone una condanna intesa come accertamento  giurisdizionale  di
fatti criminosi dichiarato - sia pure a  cognizione  sommaria,  nelle
ipotesi e con le garanzie  appositamente  stabilite  dalla  legge  in
funzione costitutiva di responsabilita' penali  personali  attribuite
sulla base e nei limiti del principio di colpevolezza; 
    dalla stessa previsione dell'art. 168-bis, comma 2 codice penale,
che menziona le conseguenze «derivanti» dal reato: del quale, percio'
stesso, letteralmente si assume l'indifettibile esigenza che  risulti
esaustivamente  accertato   non   soltanto   siccome   commesso,   ma
addirittura nei suoi eventuali effetti antigiuridici  diacronicamente
persistenti; 
    dalla stessa previsione dell'art. 464-quater comma  3  codice  di
procedura penale, concernente la  valutazione  giurisdizionale  della
idoneita' del «programma di trattamento» da  compiersi  «in  base  ai
parametri di cui all'art. 133 codice penale»: tra i  quali,  come  e'
noto, figura anzitutto la gravita' del  reato  che,  percio'  stesso,
anche l'anzidetta previsione letteralmente presuppone  accertato  non
soltanto siccome commesso, ma anche siccome valutabile  in  tutte  le
sue possibili concrete modalita' fenomenologiche descritte  dall'art.
133 codice penale (ossia quelle manifestate:  in  primo  luogo  dalla
natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e
da ogni altra modalita' dell'azione; in secondo luogo dalla  gravita'
del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;  ed
in terzo luogo dalla intensita' del dolo o dal grado della colpa); 
    dalla stessa previsione dell'art. 464-quater, comma 3  codice  di
procedura penale che, infatti, menziona la prognosi  del  giudice  in
ordine alla eventualita' che l'imputato si  asterra'  dal  commettere
«ulteriori» reati: con cio' ancora una volta dando letteralmente  per
scontati sia l'accertamento giurisdizionale  del  reato  per  cui  si
procede, sia  il  correlato  giudizio  di  responsabilita'  personale
dell'imputato quale autore del reato medesimo; 
    dai principi gia' sanciti dalla Corte costituzionale proprio  con
specifico  riferimento  alla   materia   della   messa   alla   prova
precedentemente  gia'  nota  all'ordinamento.  Laddove,  infatti,  la
indefettibilita'  del  giudizio  di  colpevolezza   ai   fini   della
irrogazione delle sanzioni  penali  applicabili  nella  procedura  in
trattazione   appare   esplicitamente   stabilita   dalla   pronuncia
costituzionale  che,  in  tema  di  messa  alla  prova  dell'imputato
minorenne, ha spiegato che il «convincimento del  giudice  in  ordine
alla responsabilita' penale dell'imputato [...] costituisce [...]  un
presupposto logico essenziale  del  provvedimento  dispositivo  della
messa alla prova»; al punto che allo stesso  giudice  procedente,  in
funzione  della  ponderata  e  fisiologica  formazione  del  suddetto
convincimento, compete l'onere  di  valutare  caso  per  caso  se  le
correlate esigenze di accertamento del  fatto  contestato  comportino
che, in ragione della inadeguatezza dei dati cognitivi  concretamente
disponibili nello stadio processuale in  atto,  «la  sospensione  non
possa intervenire nella fase predibattimentale, occorrendo viceversa,
affinche' possa ritenersi adeguatamente formato  quel  convincimento,
che il giudice tenga conto anche dell'istruzione dibattimentale», che
dovra' pertanto all'uopo compiere (Corte cost. sentenza  n.  125/1995
in data 5 aprile 1995). 
    4.2 - Nondimeno, lo  schema  normativo  della  messa  alla  prova
applicabile ai sensi degli articoli 464-bis e  464-quater  codice  di
procedura penale nei procedimenti di rito a citazione diretta dinanzi
al giudice monocratico presuppone che la relativa procedura non possa
e non debba comportare l'accertamento di alcunche' riguardi il  fatto
per cui si procede; a differenza di quanto previsto per  le  omologhe
procedure attivabili dinanzi al giudice per le indagini preliminari e
dinanzi al giudice per l'udienza preliminare che pertanto, come si e'
accennato, sono immuni dalla  censura  in  discorso  (e  soltanto  da
questa). Cio' in primo luogo avviene  per  il  fatto  stesso  che  la
procedura di messa  alla  prova  attivabile  nella  fase  degli  atti
preliminari al  giudizio  ordinario  di  cognizione,  dovendo  essere
instaurata a pena di decadenza prima della apertura del  dibattimento
(ai sensi dell'art. 464-bis, comma 2 codice di procedura penale),  si
svolge e si  esaurisce  interamente  nello  stadio  introduttivo  del
suddetto giudizio, prima e senza che abbia avuto  luogo  l'istruzione
dibattimentale. Percio' stesso, la relativa trattazione e'  destinata
ad  avere  luogo  allo  stato  degli  atti  del  fascicolo   per   il
dibattimento considerato nella minimalistica composizione in  cui  si
trova in tale fase; donde risulta un compendio dei dati cognitivi che
di norma e per definizione  -  ossia  per  volonta'  della  legge  ed
implicazione naturale dello stesso impianto formativo accusatorio del
processo ordinario di cognizione, siccome radicato sui  principi  del
doppio fascicolo e della formazione  dibattimentale  della  prova  e'
estraneo all'esigenza di fornire alcuna rappresentazione  del  merito
idonea alla fondazione di alcun giudizio di responsabilita'  (5) . 
    In secondo luogo, l'impossibilita' di alcun  giudizio  sul  fatto
per  cui  si  procede  consegue  alla  inesistenza,   nella   vigente
disciplina  del  procedimento   speciale   in   parola,   di   alcuna
disposizione che attribuisca al giudice dibattimentale procedente  la
prerogativa di  prendere  cognizione  del  fascicolo  delle  indagini
preliminari.  Laddove  tale  prerogativa,  sostanziando  una  ipotesi
derogatoria rispetto ad uno dei principi fondamentali e  qualificanti
dell'intero assetto processuale definito dal codice vigente, non puo'
ovviamente ricavarsi per analogia e tantomeno congetturarsi implicita
in un sottosistema che prevede il contrario. Infatti, nel disporre in
proposito,  il  legislatore  si  e'   puntualmente   preoccupato   di
attribuire la disponibilita' degli «atti rilevanti  del  procedimento
penale» soltanto all'ufficio di esecuzione penale esterna  (ai  sensi
dell'art. 141-ter disp. att.  codice  di  procedura  penale);  mentre
l'accesso  del  giudice  dibattimentale  agli  atti  delle   indagini
preliminari  non  risulta   prescritto   o   consentito   da   alcuna
disposizione  regolativa  della  procedura,  diversamente  da  quanto
espressamente previsto sia dall'art. 442 codice di procedura  penale,
in tema di giudizio abbreviato, sia dall'art. 135 disp.  att.  codice
di procedura penale in tema di applicazione della pena  su  richiesta
delle parti. 
    In definitiva lo schema decisorio del  procedimento  speciale  in
trattazione   riflette   quello   della   pronuncia    dibattimentale
preliminare  sulla  obiezione  (o  su  qualsivoglia  altra  causa  di
estinzione del reato) persino sotto il profilo dei dati cognitivi che
nelle due ipotesi risultano rispettivamente disponibili a  fondamento
della declaratoria giurisdizionale.  E  cio'  avviene  quantunque  la
pronuncia resa ai sensi dell'art. 129 codice di procedura  penale  in
materia di obiezione (o di qualsivoglia altra causa di estinzione del
reato finora nota) consista in una declaratoria  liberatoria  recante
il mero accertamento dichiarativo di dati fattuali precostituiti e di
pronta  ricognizione  oggettiva;  mentre,  all'esatto   opposto,   la
procedura dibattimentale della messa alla prova riveste pur sempre la
peculiare funzione di irrogare all'imputato sanzioni penali incidenti
sulla liberta' personale e consequenziali ad un reato in relazione al
quale,   percio'   stesso,   l'ordinamento   costituzionale   postula
necessariamente la formulazione di  un  giudizio  di  responsabilita'
personale. 
    4.3 - Alla stregua della procedura  legalmente  delineata,  nella
quasi   totalita'   dei   casi   concretamente   configurabili   ogni
provvedimento in tema di messa alla prova  (ovvero  sia  in  sede  di
ammissione dell'imputato al beneficio, sia  in  sede  di  susseguente
valutazione del relativa esito  ai  fini  della  eventuale  emissione
della sentenza di  non  doversi  procedere)  dovrebbe  dunque  essere
pronunciato dal giudice sulla base di un'altro che la prova del  mero
fatto  giuridico   processuale   concernente   l'avvenuto   esercizio
dell'azione penale, risultante dalla emissione del decreto di  rinvio
a giudizio; e quindi dovrebbe essere pronunciato senza che lo  stesso
giudice, pur  dovendo  esprimere  un  convincimento  in  ordine  alla
responsabilita' dell'imputato per il fatto storicamente  descritto  e
giuridicamente  qualificato  nella  imputazione,  disponga  dei  dati
cognitivi necessari e  sufficienti  a  stabilire  se  e  quale  fatto
previsto dalla legge penale sia stato commesso, con quali modalita' e
da chi. 
    In tali condizioni, la irrogazione della pena criminale stabilita
nel titolo esecutivo provvisorio che  dispone  la  messa  alla  prova
dovrebbe  quindi  fondarsi  sulla  enunciazione  di  un  giudizio  di
colpevolezza esplicitamente o  implicitamente  formulato  in  maniera
illogica  e/o  fittizia  poiche',  secondo   lo   stesso   meccanismo
processuale  normativamente  prefigurato,  del  reato  contestato  al
giudice procedente null'altro di certo sarebbe dato di sapere se  non
che il pubblico ministero  abbia  ritenuto  di  dedurla  in  giudizio
mediante esercizio dell'azione penale. 
    Deve concludersene che le disposizioni  di  legge  che  prevedono
siffatto congegno - prefigurante un provvedimento giurisdizionale  di
irrogazione di un trattamento giuridico di diritto  penale  criminale
suscettibile  di   essere   pronunciato   sul   presupposto   di   un
convincimento di responsabilita' di carattere assurdo  o  simulatorio
poiche'  formulato  senza  cognizione  degli  elementi  occorrenti  a
stabilire se alcun fatto sia  avvenuto,  come  e  da  chi  sia  stato
commesso  e  quale  ne  sia  la  qualificazione  giuridica   appaiono
contrastanti con l'art. 3 Cost. alla stregua del quale deve ritenersi
che le enunciazioni risapute logicamente incongrue o simulatorie  non
possono costituire presupposto o strumento di trattamenti  giuridici;
nonche' con l'art. 111 comma 6 Cost., alla  stregua  del  quale  deve
ritenersi  che  tali  enunciazioni  non  possono   costituire   parte
integrante di alcun  provvedimento  giurisdizionale  in  funzione  di
assolvimento dell'obbligo di motivazione del  medesimo;  nonche'  con
l'art. 25, comma 2, Cost., alla stregua del quale deve ritenersi  che
la punizione criminale puo' essere irrogata in ragione  di  un  fatto
previsto dalla legge come reato e non  della  finzione  radicata  sul
mero fatto giuridico processuale concernente l'avvenuta contestazione
del medesimo; nonche' con l'art. 27, comma 2 Cost., alla stregua  del
quale   deve   ritenersi   che   il   giudizio   di   responsabilita'
giustificativo della irrogazione di sanzioni criminali consiste nella
considerazione  giurisdizionale  di   colpevolezza   radicata   sulla
cognizione e valutazione del fatto criminoso storicamente avverato, e
non su una sorta di apodittica declamazione nomenclatoria  del  fatto
criminoso processualmente contestato. 
    Si  puo'  osservare   che,   nella   prassi   giudiziaria,   tale
incompletezza del meccanismo normativa (che invece,  come  accennato,
non sussiste nelle omologhe fattispecie attivabili dinanzi al giudice
per le indagini preliminari ed al giudice per l'udienza  preliminare)
sarebbe superabile per via di mero fatta attraverso il  consenso  che
le parti intendessero prestare ai sensi dell'art. 493, comma 3 codice
di procedura penale alla acquisizione e  valutazione  giurisdizionale
del fascicolo del pubblico ministero. 
    Tuttavia la considerazione di tale concreta  eventualita',  lungi
dal  rimuovere  l'anzidetta  censura  di  incostituzionalita',   vale
soltanto a confermarla. Infatti, perfeziona la  constatazione  di  un
meccanismo processuale il cui funzionamento, proprio  cosi'  come  ab
origine legalmente delineato, e' precluso  alla  stregua  delle  piu'
elementari esigenze  di  coerenza  dell'ordinamento  processuale:  al
punto che la sua applicazione  in  maniera  consona  alle  assiologie
costituzionali costituisce null'altro  che  una  mera  accidentalita'
consequenziale alle determinazioni liberamente  assunte  dalle  parti
processuali nell'esercizio delle  loro  prerogative  dispositive  dei
mezzi di prova. 
    4.4 - Le considerazioni immediatamente precedenti  devono  essere
integralmente  riproposte  in  relazione  agli  analoghi  profili  di
illegittimita'  costituzionale  che,  per  le   stesse   ragioni   di
intrinseca incongruenza  del  meccanismo  processuale  rispetto  agli
esiti decisionali che  si  pretende  debba  radicare,  colpiscono  la
previsione dell'art. 464-quater codice di  procedura  penale  secondo
cui il giudice e' chiamato ad esprimere, «in base ai parametri di cui
all'art.  133  del  codice  penale»  un  giudizio  di   idoneita'   o
inidoneita' del programma di trattamento presentatogli. 
    Appare difetti intuitivo  che  il  giudice  dibattimentale  -  al
quale, alla stregua degli atti del fascicolo del dibattimento in  suo
possesso nella fase introduttiva del giudizio, nulla  o  quasi  nulla
sia dato di sapere in ordine alla vicenda sostanziale  presupposta  -
nessun giudizio possa seriamente emettere in ordine alla idoneita'  o
meno del cosiddetto programma di trattamento in funzione retributiva,
specialpreventiva  rieducativa  e   risocializzante   rispetto   alla
perpetrazione di un reato che, in  effetti,  egli  stesso  ignara  in
tutto o in parte se, come e da chi sia stato commesso. 
    Dimodoche',  in  sostanza,  ancora  una  volta  il   giudice   si
troverebbe nella condizione di dover formulare un  giudizio  illogico
e/o fittizio poiche'  strumentale  all'insensata  affermazione  della
idoneita' o inidoneita' (in funzione retributiva,  specialpreventiva,
rieducativa,  risocializzante,   ripristinatoria,   riparatoria)   di
trattamenti  giuridici  penali  che  si   riferiscono   ad   esigenze
personologiche  e   fenomenologiche   irrimediabilmente   sconosciute
propria perche' a  sua  volta  irrimediabilmente  ignoto  risulta  lo
stesso  fatto  storico  in   relazione   al   quale   esse,   qualora
sussistessero, sarebbero definibili. 
    4.5  -  Tutte  le  ragioni   di   incostituzionalita'   derivanti
dall'anzidetta incompletezza del  meccanismo  processuale  in  parola
appaiono  suscettibili   di   elisione   mediante   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 464-quater,  comma  1  c.p.p.
nella parte in cui non prevede  che  il  giudice,  ai  fini  di  ogni
decisione da assumere  nell'ambito  della  procedura  di  messa  alla
prova, acquisisca e valuti gli atti e  documenti  del  fascicolo  del
pubblico ministero  dei  quali  altrimenti  gia'  non  disponga;  poi
restituendoli per l'ulteriore corso nel caso di esito negativo  della
pronuncia sulla (concessione o sull'esito della)  messa  alla  prova,
similmente a quanto avviene nei procedimenti  speciali  del  giudizio
abbreviato e della applicazione della pena su richiesta delle parti. 
    Per altro verso occorre osservare che, alla stregua  del  rimedio
cosi' ipotizzato, verosimilmente la cognizione giurisdizionale  degli
atti di indagine in funzione ricognitiva e  valutativa  del  fatto  e
decisoria sul merito della medesima regiudicanda  determinerebbe,  in
capo al giudice dibattimentale che abbia  definito  negativamente  la
procedura di messa alla prova per ragioni attinenti al  merito  della
medesima, la incompatibilita' all'ulteriore trattazione del processo.
Infatti, alla relativa  ipotesi  si  appaleserebbero  applicabili  in
parte qua gli argomenti gia' enunciati, in relazione ai  procedimenti
speciali del patteggiamento e del rito abbreviata, nelle sentenze  n.
124/1992,  n.  399/1992,  n.  439/1993  e  n.  155/1996  della  Corte
costituzionale. 
    Percio', alla suindicata integrazione  del  meccanismo  cognitivo
del  procedimento  speciale  di  messa  alla   prova   attivato   nel
dibattimento conseguirebbe quanto meno  la  configurabilita'  di  una
ulteriore  ragione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34
c.p.p. nella parte in cui non prevede la incompatibilita' al giudizio
del giudice dibattimentale il  quale,  sulla  base  della  cognizione
degli atti delle indagini, abbia emesso  l'ordinanza  di  messa  alla
prova dell'imputato (cosi' formulando un giudizio di  responsabilita'
nei suoi confronti) oppure abbia respinto  la  relativa  istanza  per
ragioni di  merito  (concernenti  la  inidoneita'  del  programma  di
trattamento e/o la  prognosi  di'  futura  recidivanza  dell'imputato
ritenute  in  conseguenza  della  valutazione  del  fatto  e/o  della
personalita' del suo autore). 
    5.  Seconda  questione  di  costituzionalita':  giurisdizione  ed
espiazione di pene non legalmente determinate. - Come  e'  noto,  gli
enunciati normativi che definiscono la  nuova  procedura  neppure  si
curano di stabilire la finalita'  legalmente  tipica  del  cosiddetto
«programma di trattamento», dimodoche'  tale  finalita'  deve  essere
ricavata  per  via  interpretativa  attingendo  i  relativi  elementi
teleologici  dai  principi   ordinamentali   e   costituzionali   che
definiscono le  funzioni  dei  trattamenti  sanzionatori  di  diritto
penale criminale. 
    Tuttavia, nessun canone ermeneutico pare  tecnicamente  evocabile
per sopperire alla noncuranza manifestata dal legislatore in tema  di
predeterminazione  qualitativa  e  soprattutto   quantitativa   delle
sanzioni penali (alternative e sostitutive)  irrogabili  in  sede  di
esplicazione del procedimento speciale in esame. 
    5.1 - Tale indeterminatezza  appare  evidente,  in  primo  luogo,
sotto il profilo qualitativo del cosiddetto trattamento.  Ed  infatti
quest'ultimo, risultando definito  dall'art.  168-bis  commi  2  e  3
codice   penale   in   maniera   sommamente   generica,   sul   piano
contenutistico potrebbe risolversi in un nonnulla di fatto (poco piu'
della declamazione nominalistica di  una  qualifica  attribuita  alla
situazione giuridica  personale  dell'imputato);  oppure,  all'esatto
opposto,  potrebbe  svilupparsi  mediante  un  insieme   di   vincoli
conformativi ed ablatori della liberta' personale che,  per  le  loro
concrete  determinazioni  oggettuali  e/o   modali   e/o   temporali,
implicherebbero  risultati  afflittivi  e  restrittivi  della   sfera
giudica dell'imputato  di  intensita'  paragonabile  o  magari  anche
superiore a quella delle stesse pene edittali previste dalla legge in
relazione al reato per cui si procede. 
    5.2  -  In  secondo  luogo,  la   indeterminatezza   legale   del
trattamento sanzionatorio irrogabile in  sede  di  messa  alla  prova
appare  inconfutabile  sotto  il  profilo  quantitativo,  ossia   con
riferimento  alla   misura   temporale   delle   sanzioni   criminali
alternative e sostitutive da applicarsi in luogo delle pene  edittali
del reato per cui si procede. 
    Invero, l'unica indicazione che in proposito  si  rinviene  nella
legge e' quella contenuta nell'art. 168-bis, comma 3  codice  penale,
secondo  cui  «il  lavoro  di  pubblica  utilita'  consiste  in   una
prestazione [...] di durata non inferiore a dieci  giorni».  Percio',
il trattamento sanzionatorio  penale  la  cui  espiazione  anticipata
costituisce oggetto della  fase  esecutiva  della  procedura  risulta
determinato soltanto  in  relazione  alla  sanzione  sostitutiva  del
lavoro di pubblica utilita' nonche', per quest'ultima, soltanto nella
parametrazione legale minima (dieci giorni); mentre in relazione alla
misura  alternativa  dell'affidamento  al  servizio  sociale  risulta
totalmente carente di qualsiasi determinazione legale. 
    Ne' sembra che ai detti  profili  di  indeterminatezza  si  possa
sopperire attingendo i necessari riferimenti precettivi, mediante  la
procedura ermeneutica della  analogia  legis,  dall'art.  464-quater,
comma 5 codice di procedura penale (norma processuale che  stabilisce
soltanto la durata massima della sospensione del processo conseguente
alla attivazione del procedimento  speciale  in  trattazione)  oppure
dall'art. 657-bis codice di procedura penale (norma  sostanziale  che
stabilisce soltanto i criteri di ragguaglio applicabili  in  sede  di
determinazione della pena da espiare nel caso di esito negativo della
procedura). Siffatte applicazioni del ragionamento  per  analogia  in
funzione  definitoria  di  sanzioni  penali,  infatti,  da  un   lato
dovrebbero ritenersi categoricamente precluse, sul piano assiologico,
dal principio  costituzionale  di  tassativita'  legale  delle  pene.
Mentre d'altro lato ed ancor prima,  ossia  gia'  sul  piano  logico,
appaiono rese parimenti inaccessibili  dalla  inconfigurabilita'  dei
presupposti occorrenti alla coerente  formulazione  del  ragionamento
racchiuso nel brocardo ubi  eadem  ratio,  ibi  eadem  dispositio:  a
cominciare da quello concernente la similitudine tra  la  fattispecie
non regolata (di  cui  occorre  stabilire  la  disciplina)  e  quelle
regolate (la  cui  disciplina  formerebbe  oggetto  della  estensione
analogica) (6) 
    L'importanza della  censura  di  incostituzionalita'  in  parola,
nonche' la insostenibilita' tecnica  e  pratica  dell'ipotesi  che  i
referenti di determinazione della durata delle  sanzioni  irrogate  a
titolo di messa alla  prova  possano  ricavarsi  per  analogia  dagli
articoli 464-quater, comma 5 e 657-bis codice  di  procedura  penale,
appaiono particolarmente evidenti nei casi  in  cui  si  proceda  per
delitti di cospicua gravita'  edittale  (posto  che  il  procedimento
speciale di messa alla prova, ai sensi  dell'art.  168-bis,  comma  1
codice penale, risulta applicabile anche a delitti punibili con  pene
detentive addirittura pari o superiori ai dieci anni di  reclusione).
Infatti,  in   simili   ipotesi,   facendosi   riferimento   all'art.
464-quater,  comma  5  codice  di  procedura  penale  l'imputato  non
potrebbe essere assoggettato ad un trattamento di durata superiore ai
due anni, ad onta di ogni possibile profilo di gravita' del  reato  e
di intensita' delle correlate  esigenze  di  cosiddetto  trattamento;
mentre per converso, facendosi riferimento all'art. 657-bis codice di
procedura  penale,  si  dovrebbe  ammettere  la  ipotizzabilita'   di
sanzioni di messa alla prova suscettibili  di  durata  protratta  per
decenni. 
    5.3 - Le precedenti considerazioni consentono  di  ipotizzare  il
vizio  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  168-bis  codice
penale per contrasto con l'art. 25 comma 2 Cost., nella parte in  cui
sancisce il principio di tassativita' e determinatezza  legale  delle
pene. 
    Infatti, nel disegno legislativo che  definisce  il  procedimento
speciale in  esame,  le  determinazioni  qualitative  e  quantitative
concernenti il trattamento sanzionatorio  penale  applicabile  devono
essere attinte fuori  dalla  legge,  restando  pressoche'  totalmente
rimesse  alla  libera  scelta  delle  autorita'   procedenti   (prima
l'ufficio locale di esecuzione penale che predispone il programma  di
trattamento,  e  poi  il  giudice  che  tale  programma  convalida  o
modifica). Scelta che trova l'unico suo possibile limite - peraltro a
sua volta apparentemente esprimente qualche patologia costituzionale,
come si dira' appresso  -  nelle  insindacabili  valutazioni  di  suo
privato interesse sulla base delle quali l'imputato, ogni qual  volta
non fosse compiaciuto delle determinazioni sanzionatorie operate  dal
giudice, eserciterebbe sic et simpliciter la sovrana  prerogativa  di
non prestare o revocare il suo  consenso  all'ulteriore  corso  della
procedura, percio'  stesso  facendola  irrimediabilmente  cadere  nel
nulla. 
    6. Terza questione  di  costituzionalita':  giurisdizione  penale
potestativamente condizionata. - Le ultime considerazioni valgono  ad
introdurre   l'esposizione    di    un    ulteriore    sospetto    di
incostituzionalita' che colpisce  le  disposizioni  di  cui  all'art.
464-quater commi 4 e 6 codice di procedura penale nella parte in  cui
insinuano nell'ordinamento una  fattispecie  processuale  in  qualche
modo destinata a svilupparsi  secondo  lo  schema  di  una  sorta  di
patteggiamento di fatto che, per la prima volta nel percorso  storico
della procedura penale, concretamente si svolge  (non  tra  le  parti
dinanzi al giudice, bensi') tra una delle parti e il giudice stesso, 
    6.1 - Ai sensi dell'art. 464-quater comma 4 codice  di  procedura
penale, al giudice dibattimentale procedente  compete  di  verificare
l'idoneita' del programma di trattamento  rispetto  alle  presupposte
esigenze, apportando  alle  sanzioni  ivi  contemplate  (riparatorie,
alternative e sostitutive)  le  modifiche  ed  integrazioni  all'uopo
ritenute necessarie ed opportune sia in termini di contenuti, sia  in
termini di durata. Pertanto, l'unica ipotesi in cui lo  schema  della
procedura in parola possa  avere  corso  senza  necessita'  di  alcun
intervento modificativo o integrativo del giudice e' quella in cui il
programma originariamente elaborato dall'ufficio di esecuzione penale
esterna con il consenso dell'imputato risulti -  sia  in  termini  di
qualita', sia in termini di quantita' delle sanzioni - in primo luogo
esaustivamente delineato, ed in secondo luogo  interamente  condiviso
dal giudice. 
    Tuttavia, quest'ultima ipotesi  (anche  per  conseguenza  pratica
della grave carenza di parametri legalmente precostituiti di  cui  lo
stesso ufficio di esecuzione penale  esterna  possa  avvalersi  nella
predisposizione del programma) e' connotata da margini statistici  di
accadibilita' pressoche' irrisori; i quali potrebbero essere aggirati
per via di mero fatto qualora le determinazioni  all'uopo  occorrenti
fossero  suggerite  dallo  stesso  giudice   procedente   il   quale,
anticipandolo   informalmente   fuori   dallo   schema   legale   del
procedimento, si facesse carico del relativo giudizio. In  tutti  gli
altri casi - come peraltro tutti  quelli  costituenti  oggetto  delle
trattazioni processuali in relazione alle quali vengono sollevate  le
questioni di costituzionalita' - in cui il programma  di  trattamento
non  risultasse  ab  origine  esaustivamente  definito   dall'ufficio
esecuzione penale esterna,  e/o  non  risultasse  incondizionatamente
condiviso dal giudice,  si  rende  quindi  necessario  un  intervento
giurisdizionale modificativo o integrativo del relativo programma. 
    Tale intervento, tuttavia, ai sensi dell'art. 464-quater comma  4
codice di procedura penale,  risulta  ammissibile  soltanto  «con  il
consenso dell'imputato»; e cio', in particolare,  sia  nella  ipotesi
che il  giudice  debba  modificare  la  quantita'  o  qualita'  delle
prescrizioni, sia nella ipotesi che giudice debba stabilire la durata
delle prestazioni e quindi della stessa fase  esecutiva  della  messa
alla prova, poiche' lasciata in tutto o in  parte  indeterminata  nel
programma di trattamento elaborato dal competente ufficio. 
    Di tali determinazioni modificative  o  integrative  si  potrebbe
supporre  che  -  senza  formalita',  salvo  il  problema   di   come
decorosamente riportare siffatte evenienze nel verbale del processo -
possano essere negoziate tra l'imputato ed il giudice  (quest'ultimo,
a differenza dell'altro, portatore di opinamenti  in  qualche  misura
inevitabilmente  influenzati  dalle  ragioni  di  pubblico  interesse
tutelabili mediante attribuzione alla procedura di un  esito  diverso
dalla dissipazione delle pubbliche  risorse  ed  energie  processuali
gia' profuse nella pregressa trattazione). Tuttavia, il remittente e'
dell'avviso  che  tali  determinazioni,  costituendo  espressione  di
ponderazioni assunte  in  funzione  di  applicazione  giurisdizionale
della legge, debbano costituire  materia  di  apposito  provvedimento
formalmente pronunciato esclusivamente secondo il rito ed allo  stato
degli atti del procedimento. Sennonche', nelle suddette  ipotesi,  il
procedimento speciale di messa alla prova e' in ogni caso  destinato,
indipendentemente  dall'entita'   e   dal   costo   delle   attivita'
giudiziarie all'uopo gia' esperite (7) , a culminare nella assunzione
di determinazioni giurisdizionali la cui efficacia ed utilita', cosi'
come quelle dell'intera procedura fino ad allora celebrata, ai  sensi
dell'art.  464-quater  comma  4  c.p.p.   rimangono   sospensivamente
condizionate al consenso che  l'imputato  intendesse  esprimere  alla
stregua  delle  proprie  insindacabili   valutazioni   di   personale
convenienza. 
    Si  deve   quindi   constatare   la   istituzione   assolutamente
innovativa,  ad  opera  della  legge  n.  67/2014  che   prevede   il
procedimento speciale in discorso, di una fattispecie processuale che
contempla, in  funzione  di  atto  definitorio  di  una  subprocedura
penale, (non  alcuna  decisione  legalmente  impugnabile  emessa  dal
giudice in ordine alle domande  delle  parti,  bensi')  la  decisione
legalmente inoppugnabile emessa da una della  parti  in  ordine  alle
determinazioni del giudice. 
    6.2 - Questi  rilievi  inducono  ad  ipotizzare  una  censura  di
incostituzionalita' dell'art. 464-quater comma 4 codice di  procedura
penale  per  contrasto  con  l'art.  101  Cost.  nel  senso  che,  la
disposizione  censurata,  in  spregio  al  principio   costituzionale
dell'assoggettamento del giudice e delle sue funzioni  soltanto  alla
legge, introduce nell'ordinamento  l'inusitata  ipotesi  in  cui  una
procedura giudiziaria e le determinazioni giurisdizionali ivi assunte
risultano   immediatamente   vanificabili   dalla    parte    privata
controinteressata  (non   attraverso   l'esercizio   del   mezzo   di
impugnazione appositamente previsto dalla legge  cui  le  prerogative
giurisdizionali   sono   costituzionalmente   assoggettate,   bensi')
mediante  una  mera  ed  insindacabile  manifestazione  di  dissenso.
Infatti, l'anzidetta disposizione di legge inequivocabilmente rimette
alla volonta' dell'imputato la  capacita'  sovrana  di  integrare  la
condizione  meramente   potestativa   cui   resta   indiscutibilmente
subordinato ogni profilo di efficacia formale ed utilita' sostanziale
del provvedimento giurisdizionale  di  messa  alla  prova  nonche'  -
qualunque ne sia stato il costo in termini di tempi processuali e  di
risorse amministrative e giudiziarie  -  dell'intera  procedura  gia'
celebrata strumentalmente alla pronuncia del medesimo. 
    D'altronde, la stessa disposizione di legge impone lo svolgimento
a priori, quali attivita'  dovute  per  ragioni  di  giustizia  senza
riguardo  al  dispendio  di  tempi  e  risorse  processuali  all'uopo
occorrenti, di incombenti  paragiudiziari  e  giudiziari  che  devono
essere immediatamente disimpegnati  dai  competenti  pubblici  uffici
(prima  l'ufficio  esecuzione  penale  esterna  e  poi   il   giudice
procedente) per il solo fatto che ne  faccia  richiesta  la  medesima
parte   processuale   al   cui   mero   insindacabile    beneplacito,
contestualmente, si attribuisce anche la prerogativa di  deciderne  a
posteriori la sorte: ossia il potere di stabilire a  piacimento,  una
volta che tali attivita' abbiano avuto luogo,  se  esse  siano  state
compiute  o  meno  soltanto  a  titolo  di  dissipazione   di   tempi
processuali e denari pubblici.  Per  tali  ragioni,  quanto  previsto
dalla disposizione di legge in parola appare incompatibile sia con  i
principi  costituzionali  di  buon  andamento  ed  efficienza   delle
attivita' dei pubblici poteri (art. 97 Cost.) sia con i  principi  di
economicita' e ragionevole durata del processo penale (art. 111 comma
2 Cost.). 
    6.3 -  Si  puo'  peraltro  notare  che  analoghe  considerazioni,
qualora ne ricorressero i presupposti  ai  fini  che  interessano  in
questa sede,  andrebbero  riproposte  in  relazione  alla  previsione
dell'art. 464-quinquies, comma 1, parte 2 codice di procedura penale,
nella parte in cui, similmente,  dispone  che  il  pagamento  rateale
delle somme dovute a titolo di risarcimento del  danno  possa  essere
stabilito  dal  giudice  soltanto  «con  il  consenso  della  persona
offesa». Tuttavia con  la  peculiarita'  che  quest'ultimo  enunciato
normativo - siccome coniato finanche senza riguardo  alla  elementare
distinzione nozionistica tra la qualita' di persona offesa dal  reato
e la qualita' di  persona  civilmente  danneggiata  dal  reato  -  si
presterebbe   anche   ad   ulteriori   censure   di    illegittimita'
costituzionale per  violazione  dell'art.  3  Cost.:  trattandosi  di
disposizione di legge che, ogni qual volta non ricorrano in  concreto
le  accidentalita'  fattuali  donde  scaturisca   il   cumulo   delle
summenzionate   qualita'    nel    medesimo    soggetto    giuridico,
incomprensibilmente  attribuisce  alla  persona  titolare  del   bene
protetto dalla fattispecie  incriminatrice  astratta  addirittura  la
prerogativa di decidere le modalita' di esercizio  e  soddisfacimento
dell'altrui diritto al risarcimento del danno civile  derivato  dalla
fattispecie criminosa concreta. 
    6.4  -  Per  le  ragioni  spiegate  si  ritiene   che   dall'art.
464-quater, comma 4 codice di procedura penale  debba  espungersi  la
previsione  costituzionalmente  innaturale  del   condizionamento   a
posteriori del provvedimento del giudice  all'assenso  dell'imputato;
la  cui  tutela  avverso  eventuali  determinazioni   giurisdizionali
illegittime,  peraltro,   e'   gia'   altrimenti   assicurata   dalla
impugnazione per cassazione che risulta prevista avverso  l'ordinanza
di messa alla prova (ai sensi dell'art. 464-quater, comma 7 codice di
procedura penale), indipendentemente dal fatto che  essa  contenga  o
meno disposizioni giurisdizionali emesse in  funzione  integrativa  o
modificativa del programma di trattamento. 
    7. Quarta questione di costituzionalita': espiazione penale senza
condanna. - Le precedenti considerazioni  consentono  di  riepilogare
come il congegno processuale delineato  dagli  articoli  464-bis  ss.
codice di procedura penale postuli che l'imputato, dopo essere  stato
destinatario del fittizio giudizio  di  colpevolezza  necessariamente
presupposto [cfr. supra, § 4.3], venga assoggettato ad un trattamento
giuridico  teleologicamente  artificioso   poiche'   preordinato   ad
esigenze ignote [cfr. supra, § 4.4] corrispondente alla espiazione di
una  pena  criminale  che  (quantunque  organizzata  sotto  forma  di
costrizioni e prestazioni  morfologicamente  diverse  da  quelle  che
sostanziano le pene previste dal codice  penale)  si  definisce  come
tale   poiche'   naturalmente   qualificata   sia   dalle    relative
caratteristiche    strutturali     e     funzionali     (retributive,
specialpreventive, rieducative e  di  risocializzazione),  sia  dalle
correlate ripercussioni afflittive ed implicazioni restrittive  della
liberta' personale del soggetto. 
    7.1 - Ebbene, nella procedura in parola la pena  anzidetta  viene
irrogata sempre e soltanto  sulla  base  del  mero  titolo  esecutivo
provvisorio  rappresentato  dalla  ordinanza  di  accoglimento  della
istanza di messa alla  prova,  pronunciata  in  esito  alla  fase  di
cognizione camerale del procedimento speciale [cfr.  supra,  §  2.4];
donde  l'ovvio  riconoscimento  che,  in  siffatte   condizioni,   il
giudicabile e' assoggettato alla esecuzione anticipata  di  una  pena
che costui per definizione deve espiare non soltanto  prima  e  senza
che risulti intervenuta alcuna condanna  definitiva,  ma  addirittura
prima e senza che risulti intervenuta condanna alcuna,  definitiva  a
meno. 
    Peraltro lo stesso esito positivo della procedura di  messa  alla
prova, comportando il  proscioglimento  nel  rito  in  ragione  della
sopravvenuta  formazione  giudiziale   della   correlata   causa   di
estinzione  del  reato,  addirittura  elide  in  radice   la   stessa
possibilita' che alcuna  condanna  possa  intervenire  finanche  dopo
cotale espiazione della pena. Dimodoche',  in  effetti,  la  suddetta
esecuzione penale  -  siccome  non  segue,  ma  neppure  precede  una
condanna definitiva o non definitiva - neppure puo' dirsi anticipata;
fatto salvo soltanto il  particolarissimo  ed  unico  caso  di  esito
negativo del procedimento  speciale  di  messa  alla  prova  che,  in
conseguenza  dell'ordinanza   revocatoria   della   ammissione   alla
procedura oppure declaratoria dell'esito negativo della stessa  [cfr.
supra, § 2.5], prosegua nelle forme  del  procedimento  ordinario  di
cognizione in esito al quale venga anche pronunciata una decisione di
responsabilita' penale. 
    7.2. - Ne consegue la questione  di  legittimita'  costituzionale
afferente  alle  disposizioni  di  cui  agli  articoli  464-quater  e
464-quinquies codice di  procedura  penale  in  quanto  prevedono  la
espiazione di una pena criminale fuori dai casi in cui  in  relazione
al reato per cui si procede  risulti  pronunciata  e/o  pronunciabile
alcuna condanna definitiva e/o  non  definitiva.  Tali  disposizioni,
infatti, risultano contrastanti con l'art. 27, comma 2 Cost.  poiche'
stabiliscono non tanto una violazione, quanto una radicale  negazione
della garanzia formale racchiusa nel principio secondo cui l'imputato
non puo' essere considerato e tantomeno trattato come colpevole  sino
alla condanna penale definitiva. 
    Nella materia della messa alla  prova  minorile,  come  e'  noto,
siffatta deroga ad  uno  dei  principi  fondamentali  della  civilta'
giuridica radica la sua giustificazione  su  esigenze  di  tutela  di
valori di altrettanta dignita' costituzionale: in particolare,  sulla
cogente necessita' di protezione del  percorso  di  formazione  della
personalita' dell'imputato minorenne, a sua volta ponderata e sancita
dall'art. 31, comma 2 della Costituzione. La differenza  rispetto  al
meccanismo  coniato  dalla  legge  n.   67/2014   non   pare   dunque
trascurabile, appalesandosi quest'ultimo, invece,  ispirato  da  meri
vagheggiamenti di economie erariali inconsistenti sia nei presupposti
logici sia nei risultati pratici [cfr. infra, § 9.2]. 
    8.  Profili  di  rilevanza   delle   prefigurate   questioni   di
costituzionalita'. - Le  precedenti  ordinanze  di  rimessione  delle
questioni di costituzionalita' in trattazione, emesse in data 6 marzo
2015 da questo Tribunale, sono state dichiarate  inammissibili  dalla
Corte  costituzionale  con  ordinanza  n.  237/2016  applicativa  del
principio secondo cui «l'omessa  o  insufficiente  descrizione  della
fattispecie, non emendabile mediante la diretta lettura  degli  atti,
impedita dal principio di autosufficienza  dell'atto  di  rimessione,
preclude il necessario controllo in punto di rilevanze. Invero,  tali
ordinanze di rimessione  concretavano  detto  vizio  in  primo  luogo
perche' «non conten[evano] alcuna descrizione dei fatti  oggetto  dei
giudizi a quibus, limitandosi ad indicare, con  il  solo  numero,  le
disposizioni che prevedono i reati contestati  agli  imputati,  senza
neppure riportare i capi di imputazione»; ed in secondo luogo perche'
«nulla [dicevano] sull'esistenza, nei casi di specie,  dei  requisiti
soggettivi   previsti   dall'art.   168-bis   codice    penale    per
l'applicazione della messa alla prova». 
    In ossequio ai dettami della Corte, in questa sede occorre dunque
richiamare tutto quanto gia' espressamente riportato  nella  epigrafe
della presente ordinanza in  tema  di  esposizione  di  ogni  notizia
attualmente nota al giudice a quo in ordine all'oggetto  sostanziale,
ai  soggetti,  ai  presupposti  processuali   ed   allo   svolgimento
progressivo delle procedure in  trattazione,  adesso  pervenute  allo
stadio della pronuncia sul merito di ciascuna istanza di  messa  alla
prova  ritualmente  presentata.   Parimenti,   occorre   debitamente,
evidenziare che l'esito decisorio di tale pronuncia  in  nessun  caso
potrebbe essere influenzato  da  carenza  dei  requisiti  soggettivi,
previsti dall'art. 168-bis codice  penale  per  l'applicazione  della
procedura invero, tutti gli  imputati  sono  incensurati,  salvo  uno
soltanto  (Biagetti)  che,  tuttavia,  ha  riportato   un   mero   ed
irrilevante precedente di cui all'art. 614 codice penale risalente  a
quattordici anni addietro. 
    8.1 - All'esposizione delle anzidette notizie occorre aggiungere,
in funzione di enunciazione degli elementi noti da  cui  dipendono  i
margini di rilevanza propri di ciascuna questione sollevata in questa
sede, che ciascuno dei fascicoli per il dibattimento  concernenti  le
fattispecie sostanziali dedotte nei procedimenti penali  presupposti,
in ragione dello stadio processuale in cui la procedura di messa alla
prova e' stata attivata  (quello  preliminare  di  cui  all'art.  491
codice di  procedura  penale)  e  della  composizione  del  fascicolo
legalmente prescritta in tale stadio (quella  risultante  dalla  mera
raccolta degli atti  e  documenti  di  cui  all'art.  431  codice  di
procedura penale),  non  contiene  la  rappresentazione  del  benche'
minimo  elemento  di  prova  occorrente  all'accertamento   ed   alla
valutazione,  neppure  in  forma  di  delibazione   sommaria,   della
fondatezza dell'accusa sotto alcun profilo  oggettivo  e  soggettivo.
L'unica ma assolutamente irrilevante eccezione a tale assunto sarebbe
rappresentata dal verbale di sequestro contenuto  del  fascicolo  del
procedimento a carico di un imputato (A), riguardante alcune  bombole
di vernice spray rinvenute in possesso dell'imputato e nel quale sono
anche   trascritte    dichiarazioni    confessorie    patologicamente
inutilizzabili poiche' rese senza le garanzie di legge. 
    Nessuna descrizione dei fatti oggetto dei  giudizi  a  quibus  e'
dunque possibile in questa sede,  dove  fattispecie  suscettibile  di
rappresentazione  e'  quella  processuale;  ed   invero   la   stessa
impossibilita'   di   tale   descrizione,   siccome    consequenziale
all'impossibilita' per lo stesso giudice a  quo  di  conoscere  e  di
ritenere   alcunche'   in   ordine   alle   fattispecie   sostanziali
presupposte,  costituisce  la  materia  della  prima   questione   di
costituzionalita' sollevata in questa sede. 
    Percio', in sede di deliberazione del provvedimento sul merito di
ciascuna istanza di messa alla prova  presentata  come  in  atti,  in
ordine al concreto fatto storico  cui  si  rispettivamente  riferisce
ciascuna accusa formalizzata nei presupposti procedimenti il  giudice
a quo e' impossibilitato ad esperire alcuna cognizione  occorrente  a
stabilire, con  qualsivoglia  margine  probabilistico  di  fondatezza
della relativa congettura, se tale fatto sussista, con quante e quali
modalita' di cui all'art. 133 codice penale sia  stato  commesso,  da
chi sia stato commesso, se costituisca reato, se sia  previsto  dalla
legge come reato ed infine se, a quali condizioni ed a  quale  titolo
dia luogo ad un reato punibile; donde la plausibile  affermazione  di
rilevanza della suddetta questione di costituzionalita' [cfr.  supra,
§ 4]. 
    8.2 - Nel caso di accoglimento di  ciascuna  o  di  taluna  delle
istanze di messa  alla  prova  formulate  nelle  vicende  processuali
presupposte,  il  relativo  provvedimento  dovrebbe  in   ogni   caso
stabilire in forma precettiva la qualita' e soprattutto la  quantita'
di ciascuna delle due sanzioni criminali previste dall'art. 168 commi
2 e 3 codice penale (affidamento al  servizio  sociale  e  lavoro  di
pubblica utilita'). Siccome  la  assunzione  di  tali  determinazioni
nella osservanza del principio costituzionale di legalita' delle pene
appare impossibile, nei termini sopra  gia'  enunciati,  allora  deve
ritenersi pregiudiziale, rispetto alla  pronuncia  del  provvedimento
anzidetto,  la  definizione  della  questione  di   costituzionalita'
correlativamente sollevata [cfr. supra, § 5]. 
    8.3 - Nel caso di accoglimento di  ciascuna  o  di  taluna  delle
istanze di messa  alla  prova  formulate  nelle  vicende  processuali
presupposte, il relativo provvedimento dovrebbe apportare, a tutti  i
cosiddetti programmi di trattamento  rispettivamente  presentati,  le
integrazioni indispensabili a definirne il  relativo  contenuto  e  a
renderne possibile l'esecuzione. 
    In proposito,  si  potrebbero  occupare  parecchie  pagine  della
presente ordinanza con l'esposizione della natura meramente apparente
di ognuno  dei  suddetti  programmi  quanto  meno  sotto  il  profilo
contenutistico della sanzione dell'affidamento  al  servizio  sociale
ivi rispettivamente prevista. Infatti, la lettura delle  modulistiche
adoperate dai competenti uffici per sbrigare l'incombente denota che,
nella quasi totalita' dei casi, il contenuto logicamente definito  di
tale sanzione consiste nell'obbligo  dell'imputato  di  «mantenere  i
contatti con l'UEPE» (con la precisazione che, in  qualche  caso,  la
precompilazione  del  modulo  aggiunge   al   sostantivo   «contatti»
l'aggettivo «frequenti»). Per il resto, in sostanza,  tale  contenuto
si risolve in una sorta di trasfigurazione deontica  della  pregressa
situazione esistenziale del soggetto, al quale si fa carico, come  se
fosse un dovere, di proseguire la  conduzione  delle  proprie  comuni
condizioni ed  abitudini  di  lecita  vita  lavorativa,  familiare  e
sociale  (dimodoche',  in   definitiva,   la   prova   da   affidarsi
all'imputato impiegato quale commesso in un negozio consisterebbe nel
continuare a svolgere l'attivita' di commesso  di  quel  negozio;  la
prova da affidarsi all'imputato addetto alle pulizie alle  dipendenze
di una data ditta consisterebbe nel continuare a svolgere le  pulizie
per  tale  ditta;  la  prova  da  affidarsi  all'imputata   esercente
l'attivita' di casalinga  consisterebbe  nel  continuare  a  fare  la
casalinga; etc.). 
    Una   tale   esposizione,   tuttavia,   risulta   ultronea   alla
enunciazione delle ragioni di  rilevanza  della  terza  questione  di
costituzionalita' sollevata in questa sede. A tale,  scopo,  infatti,
appare sufficiente osservare che nessuno dei programmi di trattamento
presentati nelle presupposte  procedure  contiene  la  determinazione
quantitativo delle sanzioni ivi prefigurate, le  quali,  in  ciascuno
dei suddetti programmi, sono delineate soltanto mediante  riferimenti
modali  attinenti   alla   mera   temporizzazione   giornaliera   e/o
infrasettimanale delle prestazioni di lavoro di pubblica utilita'. 
    Percio', nel caso di accoglimento di ciascuna  istanza  di  messa
alla prova, la durata temporale di tutte  le  sanzioni  ivi  previste
dovrebbe  essere  stabilita  da  disposizioni  integrative   all'uopo
enunciate ex  novo  dal  giudice.  In  tal  modo,  tuttavia,  sarebbe
pronunciato un provvedimento che, ai sensi dell'art. 464-quater comma
4 codice di procedura  penale,  sarebbe  sottoposto  alla  condizione
sospensiva di efficacia identificata nel «consenso dell'imputato»;  e
cio'    materializzerebbe    la    fattispecie    di    giurisdizione
potestativamente   condizionata   al   gradimento   del   giudicabile
costituente oggetto della terza questione di  costituzionalita'  come
sopra sollevata [cfr. supra, § 6]. 
    8.4 Nel caso di  accoglimento  di  ciascuna  o  di  taluna  delle
istanze di messa  alla  prova  formulate  nelle  vicende  processuali
presupposte, il relativo provvedimento dovrebbe sancire  l'espiazione
di una pena criminale in difetto di alcuna condanna  sia  definitiva,
sia non definitiva, Lo stesso decorso della procedura  previsto  come
fisiologico dal disegno legislativo in parola  presuppone,  peraltro,
che siffatta condanna giammai debba intervenire. Percio', il suddetto
provvedimento giurisdizionale  materializzerebbe  una  situazione  di
fatto e di  diritto  che  soltanto  una  futura,  incerta  e  duplice
accidentalita'  -  ossia  l'eventualita'  dell'esito   negativo   del
procedimento speciale di  messa  alla  prova,  cui  seguisse  l'altra
eventualita' concernente  la  condanna  dell'imputato  all'esito  del
consequenziale giudizio ordinario - potrebbe rendere  immune,  e  sia
pure paradossalmente soltanto a posteriori,  alle  censure  correlate
alla quarta questione di  costituzionalita'  enunciata  in  relazione
alla prefigurazione normativa di una  ipotesi  di  espiazione  penale
senza condanna [cfr. supra, § 7]. 
    9.  Profili  di'  non  manifesta  fondatezza  delle   prefigurate
questioni  di  incostituzionalita'.  -  In  tema  di  plausibile  non
manifesta infondatezza delle  questioni  segnalate  in  questa  sede,
occorre spiegare la impossibilita' per il  remittente  di  risolverle
autonomamente  mediante  alcuna  interpretazione   costituzionalmente
orientata  e  logicamente  definita  delle  disposizioni   di   legge
censurate. 
    9.1 - L'unico profilo di incostituzionalita' che potrebbe  essere
aggirato mediante una interpretazione alternativa della  disposizione
censurata sembrerebbe essere il primo discusso, concernente l'ipotesi
di giurisdizione senza cognizione  prefigurata  dall'art.  464-quater
codice di procedura penale [cfr. supra, § 4]. 
    L'interpretazione alternativa sarebbe quella alla  stregua  della
quale occorrerebbe ammettere che il giudice, ogni qual volta  i  dati
cognitivi risultanti  dal  fascicolo  del  dibattimento  risultassero
insufficienti ai fini delle decisioni da adottare  sul  merito  della
procedura  di  messa  alla  prova,  debba  comunque  procedere   alla
celebrazione dell'istruzione dibattimentale al solo scopo di assumere
le prove occorrenti alla decisione sulla istanza di messa alta  prova
e sulla idoneita', del programma di trattamento; non diversamente  da
quanto risulta sancito nel procedimento penale  minorile  secondo  la
citata sentenza n. 125/1995 della Corte costituzionale. 
    Tuttavia, l'interpretazione riparatoria non  pare  accettabile  a
causa delle ulteriori ed autonome ragioni di incostituzionalita'  che
reca  a  sua  volta.  Infatti,  gia'  in  considerazione  delle  piu'
plausibili ragioni d'essere della procedura della messa  alla  prova,
essa darebbe luogo alla estremo  contraddizione  in  termini  insista
nella  previsione  di  un  rito  speciale  alternativo  al   giudizio
ordinario  di  cognizione  che  tuttavia,   siccome   necessariamente
comporta lo svolgimento delle medesime  attivita'  proprie  del  rito
dibattimentale, in effetti non sostituisce quest'ultimo, bensi' vi si
sovrappone soltanto: con paradossale risultato (non di  semplificare,
bensi') di moltiplicare le strutture procedimentali nonche'  i  tempi
tecnici e le energie processuali occorrenti alla sua realizzazione. 
    La menzionata opzione interpretativa appare dunque  a  sua  volta
incompatibile con  i  principi  di  ragionevolezza  delle  discipline
giuridiche, di economicita' delle attivita' dei pubblici poteri e  di
ragionevole durata  del  processo;  alla  stregua  dei  quali  sembra
inconcepibile che alcun procedimento penale - magari  concernente  un
reato suscettibile di obiezione - debba  svilupparsi  in  maniera  da
tutelare incondizionatamente ed esclusivamente il  privato  interesse
dell'imputato agli eventuali benefici che gliene  deriverebbero.  Nel
mentre,  di  converso,  il  pubblico  interesse  ne  sarebbe  sempre,
incondizionatamente ed interamente  sacrificato  in  conseguenza  dei
costi e  dei  tempi  dei  processi  che,  nella  pressoche'  assoluta
totalita' dei casi concretamente configurabili,  andrebbero  comunque
celebrati non soltanto con le forme del rito ordinario, ma anche  con
tutte le (eventuali) disfunzioni e  tutte  le  (certe)  complicazioni
arrecate dalla procedura speciale ad esso sovrapposta. 
    9.2 - Mentre la prima questione  di  legittimita'  costituzionale
sembrerebbe suscettibile di essere scansata  da  una  interpretazione
(almeno portatrice di una sua intrinseca logica, ma) a sua volta  per
altri versi costituzionalmente orientata al contrario, in ordine alle
tre  questioni  restanti  non  pare  congetturabile   alcun   rimedio
ermeneutico, neppure di per se' costituzionalmente discutibile.  Cio'
in quanto le norme di legge di riferimento, delineando una  procedura
che prevede ogni  genere  di  complicazione  e  particolarita'  [cfr.
sopra, § 2] tranne cio' che occorre all'esercizio  fisiologico  della
funzione   giurisdizionale,   attribuiscono   sic   et    simpliciter
all'imputato la libera disponibilita' della  pena,  dell'effettivita'
della funzione giurisdizionale, della presunzione di non colpevolezza
nonche' della ragionevole durata e della sensatezza  delle  attivita'
processuali. 
    Invero,  come  si  desume  dal   disinteresse   manifestato   dal
legislatore  per  gli  stessi  profili  teleologici  del   cosiddetto
trattamento, la nuova  procedura  pare  consistere  nell'allestimento
della piattaforma cartolare di una finzione  giuridica,  quest'ultima
processualmente  materializzata  da  una   gestione   sostanzialmente
nominalistica  di  una  moltitudine  di   complesse,   eterogenee   e
delicatissime esigenze la cui  ponderazione  e  definizione,  qualora
eseguita in maniera non meramente formale, implicherebbe  un  impegno
di risorse ed attivita' tutt'altro che  necessariamente  inferiore  a
quello  occorrente  alla  celebrazione  della   maggior   parte   dei
correlativi dibattimenti. 
    Per altro verso, la ragion d'essere  della  nuova  procedura  non
sembra  reperibile  altrove  se  non  nella  evocazione  di  utilita'
erariali correlate  alla  realizzazione  di  intenti  di  sfollamento
penitenziario e deflazione processuale.  Intenti  che,  tuttavia,  si
appalesano a loro volta applicati non soltanto in difetto di coerenza
ai  criteri  tecnici   ed   ai   valori   giuridici   all'ordinamento
costituzionale, ma anche sulla base di presupposti e  criteri  logici
inconsistenti al punto da condurre alle tutt'altre risultanze di  una
inconcludente  ed  alquanto  costosa  involuzione   burocratica   del
procedimento penale. 
    A quest'ultimo riguardo, si nota  che  il  costrutto  legislativo
esaminato,  nella  sua  pretesa  strumentalita'  alle   esigenze   di
decarcerizzazione dei trattamenti giuridici penali, risulta  gia'  ab
origine sostanzialmente privo di concreta utilita'. Infatti,  risulta
destinato ad applicarsi in relazione ad un  catalogo  di  reati  gia'
sottratti  all'ordinario  trattamento  sanzionatorio  detentivo   non
soltanto in forza dell'equivalente  copertura  fornita  da  specifici
meccanismi legali (8)  ,  ma  perfino  ab  origine,  ovvero  gia'  in
considerazione della cornice sanzionatoria edittale loro propria. 
    Del  resto,  ai  sensi  dell'art.  168-bis   codice   penale   la
sospensione del procedimento con  messa  alla  prova  e'  applicabile
perfino  nei  procedimenti  per  reati  punibili  con  la  sola  pena
pecuniaria, ivi comprese,  incredibilmente,  le  contravvenzioni  che
prevedono pene pecuniarie o alternative:  in  relazione  alle  quali,
pertanto, il procedimento speciale in esame  concreta  una  sorta  di
mostruoso doppione della tradizionale  procedura  di  obiezione  gia'
prevista dal codice penale. Dalla qual  cosa  deriverebbe  l'astratta
configurabilita'   di    ulteriori    censure    di    illegittimita'
costituzionale dell'art. 168-bis codice penale, irrilevanti in questa
sede,   riferibili   all'ambito   di    applicazione    illogicamente
macroscopico della norma. Per altro verso, sotto il profilo delle sue
ipotetiche funzioni di deflazione processuale, i margini di futilita'
della procedura in parola sono palesati ancora dalla osservazione che
le  relative  attivita'  (qualora  disimpegnate  seriamente,   ovvero
secondo modalita' e finalita' tecnicamente  ponderate  ed  effettive)
presentano, per le fattispecie bagatellari cui  sono  in  gran  parte
concretamente destinate ad applicarsi, un costo di tempi e di risorse
notevolmente superiore a  quello  occorrente  alla  celebrazione  dei
correlativi giudizi di rito ordinario; come  gia'  avviene,  difetti,
ogni   qual   volta   siffatta   procedura   risulti   esperita   per
contravvenzioni al codice della strada ed analoghi reati suscettibili
di istruzione dibattimentale compiutamente  esauribile  nell'arco  di
pochi minuti. E cio' a tacere della  proliferazione  delle  attivita'
e/o dei procedimenti (con proporzionale moltiplicazione delle risorse
giudiziarie occorrenti, anche in relazione alle correlate ipotesi  di
incompatibilita' del giudice) che dovrebbero avere luogo sia nei casi
di «acquisizione delle prove non rinviabili o che possono condurre ai
proscioglimento» (art. 464-sexies codice procedura penale), sia nelle
ipotesi di plausibile attivazione della procedura  speciale  soltanto
nei limiti di una porzione del procedimento penale  oggettivamente  o
soggettivamente complesso (ossia  soltanto  in  relazione  ad  alcuni
soltanto dei reati contestati e/o  in  relazione  alla  posizione  di
taluno soltanto degli imputati). 
    Il disegno legislativo in parola appare quindi viziato da profili
di irragionevolezza strutturali e globali alla stregua dei quali,  in
relazione alla maggior parte delle  concrete  ipotesi  di  reato  cui
risulta applicabile,  manifesta  immediatamente  una  moltitudine  di
controsensi che si definiscono come tali gia' in rapporto alle stesse
ragioni  della  innovazione  normativa.   Tra   questi   controsensi,
peraltro,  vanno  annoverati  anche  i   non   pochi   espedienti   -
particolarmente utili nei procedimenti per  reati  contravvenzionali,
ovvero di prescrizione breve o comunque imminente  -  cui  l'imputato
disinteressato al fisiologico decorso del procedimento puo' ricorrere
in funzione meramente dilatoria dei tempi di definizione del processo
e/o  allo  scopo  di  incamerare  una  variabile  e  tutt'altro   che
trascurabile periodo di  vano  decorso  dei  termini  prescrizionali.
Laddove,  peraltro,  il  primo  e  piu'  ovvio  degli  espedienti  in
questione sarebbe quello del  mero  profittamento  dei  rinvii  della
trattazione processuale automaticamente necessitati dai semestri gia'
adesso e da tempo occorrenti agli uffici di esecuzione penale esterna
per svolgere gli adempimenti di loro competenza. 
    Ne'  a  quest'ultimo  proposito  va  dimenticato  che,  ai  sensi
dell'art. 464-quater, comma 6 codice di procedura penale,  la  stessa
fatidica caratteristica da cui la procedura in esame prende il nome -
ossia quella della sospensione del procedimento e della  prescrizione
del reato - non consegue affatto alla richiesta di  elaborazione  del
programma  di'  trattamento  rivolta  all'ufficio  esecuzione  penale
esterna; ne' consegue alla istanza di concessione  della  messa  alla
prova rivolta al giudice procedente; e neppure consegue  alla  stessa
ordinanza  giurisdizionale  di  messa  alla  prova.  Invece,  risulta
procrastinata addirittura al momento della susseguente sottoscrizione
del  verbale  di  esecuzione  della  messa  alla   prova   da   parte
dell'imputato: e dunque fornisce copertura ai tempi, temporeggiamenti
e contrattempi inerenti al disimpegno soltanto della  fase  terminale
di esecuzione della procedura [cfr. supra, § 2.5], ma non anche della
pregressa fase giurisdizionale di cognizione camerale [cfr. supra,  §
2.2] e tantomeno di quella amministrativa preliminare [cfr. supra,  §
2.1]. 
    I tradizionali canoni tecnici e logici dell'interpretazione della
legge appaiono dunque applicabili al costrutto normativo in  discorso
soltanto  a  fini  di  soluzione  costituzionalmente   orientata   di
questioni estrinseche ai suoi specifici contenuti  (come  ad  esempio
quella dell'efficacia intertemporale delle nuove  disposizioni,  che,
quantunque inizialmente molto discussa, per  l'anzidetta  ragione  si
appalesa  la  piu'  agevolmente  risolvibile  tra  le   numerosissime
problematiche poste  dalla  legge  introduttiva  della  procedura  in
parola). Sotto ogni altro profilo, i precetti  posti  dagli  articoli
168-bis codice penale e 464-bis ss. codice  di  procedura  penale  si
appalesano  invece  irriducibili  alle  istanze   del   precostituito
ordinamento  costituzionale  penale  perche'   da   quest'ultima   il
procedimento speciale  in  discorso  appare  non  tanto  discrepante,
quanto  piuttosto  complessivamente  avulso,  come   se   costituisse
espressione di una cultura giuridica alternativa e parallela  il  cui
pratico esercizio presuppone una riscrittura o radicale rimeditazione
delle categorie giuspenalistiche finora accreditate. 

(1) Grave o reiterata trasgressione al  programma  di  trattamento  o
    alle prescrizioni imposte, rifiuto di prestazione del  lavoro  di
    pubblica utilita' e commissione, durante il periodo di, prova, di
    un nuovo delitto non colposo ovvero  di  un  reato  della  stessa
    indole rispetto a quello per cui si procede. 

(2) Infatti, il giudice  «in  caso  di  esito  negativo  della  prova
    dispone con ordinanza che il  processo  riprenda  il  suo  corso»
    (art. 464-septies comma 2 codice di procedura penale).  Pertanto,
    ai fini  della  esecuzione  della  eventuale  condanna  riportata
    dall'imputato nel susseguente giudizio di cognizione il  pubblico
    ministero, nel determinare la pena da eseguire, detrae un periodo
    corrispondente a quello della prova eseguita  [laddove]  ai  fini
    della detrazione, tre giorni di prova sono equiparati a un giorno
    di reclusione o di arresto, ovvero a  250  euro  di  multa  o  di
    ammende (art. 657-bis codice di procedura penale). 

(3) Trattandosi in tal caso di procedura che comporta la applicazione
    (anticipata) della pena  (in  forma  alternativa  e  sostitutiva)
    irrogata sul consenso di' entrambe parti in forza  di  un  titolo
    esecutivo giurisdizionale provvisorio a  sua  volta  emesso  (non
    soltanto sulla base della mera contestazione del  reato,  bensi')
    alla stregua di una sommaria cognizione del  fatto  condotta  dal
    giudice per le indagini preliminari allo  stato  degli  atti  del
    fascicolo del pubblico ministero. 

(4) Anche quest'ultima procedura - che pure non prevede  il  consenso
    del pubblico ministero, e quindi manifesta  anch'essa  lo  schema
    negoziale processuale unilaterale della oblazione anziche' quello
    bilaterale  del  patteggiamento  presenta   a   sua   volta   una
    caratteristica peculiare, secondo cui  l'applicazione  anticipata
    della pena sul consenso dell'imputato  avviene  in  forza  di  un
    titolo esecutivo provvisorio che, diversamente da quello  formato
    in  sede  dibattimentale,  presuppone  anch'esso   una   sommaria
    cognizione del  fatto  condotta  (dal  giudice  per  le  indagini
    preliminari o dal giudice per l'udienza preliminare)  sulla  base
    degli atti del fascicolo del  pubblico  ministero  (di  cui  tali
    organi giurisdizionali sempre dispongono). 

(5) Nello stadio degli  atti  preliminari  del  dibattimento,  com'e'
    noto, il contenuto  dal  fascicolo  del  giudice  nella  assoluta
    maggioranza dei  casi  si  esaurisce  nel  decreto  di  rinvio  a
    giudizio e nel certificato penale dell'imputato;  in  una  esigua
    minoranza di eventualita' comprende anche talaltro dei  documenti
    e/o  atti  non  ripetibili  previsti  dell'art.  431  codice   di
    procedura  penale;  e  soltanto  in  una  percentuale   di   casi
    irrisoria,  riferibile  ai   cosiddetti   processi   documentali,
    contiene la  rappresentazione  cartolare  della  totalita'  delle
    fonti di prova risultanti dagli atti delle  indagini  concernenti
    il fatto per cui si procede. 

(6) In proposito si assume che il  ragionamento  per  analogia  legis
    consista nel  procedimento  logico  di  integrazione  ermeneutica
    delle  lacune  dell'ordinamento  giuridico  concretantesi   nella
    ricostruzione interpretativa della norma giuridica inespressa che
    ricollega la medesima disciplina prevista  dalla  legge  per  una
    determinata fattispecie ad altra fattispecie la quale, quantunque
    non regolata da norme positive, esprime  la  stessa  ratio  legis
    riferibile alla fattispecie regolata; laddove l'estensione  della
    disciplina  della  fattispecie  regolata  alla  fattispecie   non
    regolata si fonda sul presupposto giustificativo del rilievo, tra
    l'una e l'altra,  della  medesimezza  di  ratio  legis  (elemento
    assiologico del fatto che identifica la funzione della disciplina
    giuridica) predicabile in considerazione della somiglianza  della
    rispettiva struttura (elemento ontologico del  fatto  che  genera
    l'esigenza pratica suscettibile di disciplina giuridica). 

(7) Ovvero:  l'istruttoria  amministrativa   espletata   dall'ufficio
    esecuzione penale esterna per svolgere l'indagine socio-familiare
    ed elaborare il programma  di  trattamento  (ai  sensi  dell'art.
    141-ter disp. att. c.p.p.); l'attivita' processuale eventualmente
    sviluppata dal giudice per integrare il contraddittorio (ai sensi
    dell'art. 464-quater commi 1 e 2 c.p.p.); l'istruttoria  camerale
    eventualmente compiuta, per assumere  le  ulteriori  informazioni
    ritenute occorrenti (ai sensi dell'art. 464-bis comma5 c.p.p); le
    ulteriori attivita' cognitive e decisorie eventualmente  compiute
    dal giudice procedente ai fini delle integrazioni o modifiche  da
    apportare al programma di trattamento gia' elaborato  in  maniera
    non irrimediabilmente  inidonea  (ai  sensi  464-quater  comma  4
    c.p.p.). 

(8) Come l'art. 656 comma 5 codice  di  procedura  penale,  che  gia'
    prevede la concedibilita' della misura dell'affidamento in  prova
    al servizio sociale  in  alternativa  alla  irrogazione  di  pene
    detentive di durata fino a tre anni (in ogni caso) o  addirittura
    fino a sei anni (nei casi di condanna per  reati  in  materia  di
    stupefacenti); ovvero come l'art. 47-ter ordinanza pen., che gia'
    prevede  la  concedibilita'   della   misura   della   detenzione
    domiciliare in alternativa alla irrogazione di pene detentive  di
    durata fino a quattro anni.